Da FdI-An una mozione parlamentare per fare chiarezza sul caso Chil Post. I debiti della famiglia Renzi non possono essere pagati dagli italiani

L’articolo di Antonio Angeli su “Il Tempo”.

«Ma è normale che gli italiani paghino i debiti della società del premier?». Chiede chiarezza Giorgia Meloni, in un momento politico sovrastato dall’elezione del Capo dello Stato, la leader di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale non vuole che una vicenda con più ombre che luci passi sotto silenzio.

«In Italia per qualunque imprenditore è impossibile accedere al credito, anche per questo si susseguono drammi familiari e suicidi. È dunque lecito chiedersi: è normale che gli italiani paghino i debiti dell’azienda del premier?»: Giorgia non usa mezze parole per portare in Parlamento il caso «Chil srl», quella società della famiglia del presidente del Consiglio, ex presidente della Provincia di Firenze, nonché ex sindaco della stessa città, Matteo Renzi. Giorgia gioca la carta della mozione con la quale chiede al governo di fare chiarezza, promuovendo opportune iniziative per la contestazione del danno erariale e il recupero delle somme erogate, se le irregolarità emerse venissero confermate.

La vicenda «poco chiara» la spiega la stessa Meloni: «Nel 2009 la società Chil ottiene un prestito di 437mila euro dal Credito Cooperativo di Pontassieve, un prestito ottenuto senza nessuna ipoteca, ma grazie alla garanzia della Fidi Toscana, società partecipata dalla Regione Toscana. All’epoca – precisa la presidente di Fdi-An – Renzi era presidente della Provincia. La Chil ottiene il prestito e, un anno dopo, viene divisa in 2 società: la Chil Promozione, che resta di proprietà della famiglia e assorbe tutta la parte buona dell’azienda, e la Chil Post che viene fatta fallire».

Restano alla fine 263mila euro di mutuo insoluto che vanno restituiti alla Bcc di Pontassieve, «e che vengono ripianati con i fondi pubblici, ovvero attraverso la Fidi Toscana. Che, in un secondo momento, si rifà sul fondo ad hoc istituito dal ministero dello Sviluppo ecomomico, il tutto mentre Renzi, nel frattempo, è diventato presidente del Consiglio».

Giorgia Meloni, chiarendo di non voler entrare in merito al fallimento della Chil Post, per la quale sarà la magistratura a dover stabilire se ci sono stati o meno illeciti, denuncia una «serie di irregolarità formali» che creano ombre sull’intera operazione. Se queste irregolarità «fossero confermate – precisa Giorgia Meloni – lo Stato dovrebbe riprendersi quei soldi e non far pagare i debiti dell’azienda di famiglia del premier agli italiani».

Ha seguito da vicino l’intera vicenda, e illustra le presunte irregolarità, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Toscana, Giovanni Donzelli.

«Nel regolamento della Fidi Toscana – spiega carte alla mano Donzelli – è specificato che per accedere alla garanzia il beneficio è rilasciato per un importo massimo garantito non superiore al 60% del finanziamento, elevabile all’80% in caso di prestiti a piccole e medie imprese femminili. La Chil è formata da tre donne, ovvero la madre e due sorelle di Renzi, quindi ottiene l’ampliamento della garanzia».

«Ma a luglio 2009, a mutuo appena stanziato, le tre donne escono dalla società e la lasciano a un uomo. Incassati i soldi – spiega Donzelli – hanno tolto le donne dall’azienda». Inoltre, «nel 2010 viene spostata la sede della società dalla Toscana a Genova, e questo non è solo immorale. Il regolamento della Fidi prevede che eventuali variazioni nell’assetto proprietario vanno comunicate» per consentire a Fidi di «rivalutare la garanzia. La famiglia Renzi non ha mai comunicato modifiche degli assetti societari. Se Fidi si fosse accorta del cambiamento, avrebbe revocato la garanzia».

«Qualcuno – osserva Donzelli – potrebbe chiederci cosa c’entri il presidente del Consiglio quando l’azienda apparteneva alla sua famiglia. Ma Renzi è stato socio della Chil, quando è stato chiesto il finanziamento in questione era dirigente in aspettativa perché presidente della Provincia. Un’aspettativa che gli ha consentito di maturare i contributi per la pensione». Inoltre la Chil è una società di pubblicità e volantinaggio. «Quando Renzi si è vantato di aver fatto lo strillone da ragazzo aveva sì ragione – conclude Donzelli – ma lo faceva per la società di famiglia».

Per approfondire, scarica e leggi i documenti:

  1. Mozione parlamentare FdI-An Chil Post
  2. Interrogazione Meloni Chil Post
  3. Nota FiDi Toscana su Chil Post srl
  4. Interrogazione FdI-An in Regione Toscana su Chil Post IO1289
  5. Risposta dell’Assessore Simoncini all’interrogazione di FdI-An in Regione Toscana

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1 commento

  1. É uno scandalo , è un’ indecenza che come sempre finirà nel nulla .Siamo in Italia , paese dove chi ruba per fame (disuccupato 0 pensionato) va in prigione . mentre il potente (specie se politico) fa carriera e diventa sempre più arrogante e potente . questa purtroppo è l’Italia di oggi .

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