Meloni a «Libero»: «Ecco il programma di FdI: nel primo CdM flat tax e superdeduzione alle imprese che assumono»

Intervista di Pietro Senaldi


La parte di madre del centrodestra la rifiuta, come quando, ministra a trent’anni, rifiutava quella di mascotte del governo. «Non ho la presunzione di esserlo, anche perché io lavoro per l’Italia e per gli italiani, non per il centrodestra» svicola. E c’è da capirla, visto che quello dell’alleanza elettorale si sta rivelando un parto più complicato del previsto. «Il centrodestra va ancora costruito», sentenzia la fondatrice, leader e candidata premier di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. «È da un mese che io chiedo ripetutamente a Berlusconi e Salvini di trovarci per stilare il programma, ho pure istituito una delegazione di Fdi per organizzare l’incontro ma, non per colpa mia, ancora non si è fatto nulla».


Salvini dalle colonne di Libero ha lanciato la proposta di trovarsi qui in redazione per firmare il patto del centrodestra. Cesa, Lupi, Tremonti e Sgarbi hanno aderito... «Sarebbe una bella idea, anche io aderisco. Io mi ero detta pronta a trovarmi perfino il 24 dicembre. E anche a casa di Salvini».


A gennaio comunque l’incontro si farà? «Lo spero. E spero che prima che della distribuzione dei seggi si parli di contenuti».


Ma la distribuzione dei seggi non è capitolo secondario… «Però non si affronta misurando le dichiarazioni a mezzo stampa. Si fa una stima del valore dei partiti in base alla media dei sondaggi e si divide. A proposito, noi siamo in crescita».


Perché Berlusconi tergiversa? «Tergiversano tutti. È la conseguenza di questa legge elettorale ridicola che noi non abbiamo votato e che spinge gli alleati a esasperare le proprie differenze nella speranza di raggranellare punti anziché ricercare l’unità».


Mi sembra comprensibile: tutti puntano a salire nei sondaggi per poter contrattare più seggi… «A me per niente. Se l’elettorato sospetta che manchi armonia nella coalizione, guarda altrove. Lo so per esperienza, sono stata vittima di questo meccanismo alle elezioni per il sindaco di Roma. So quanto le divisioni e le polemiche danneggino: la gente si risente e guarda altrove».


Adesso per la scelta del governatore del Lazio state mandando in onda lo stesso film: Salvini ha scelto Pirozzi, voi e Forza Italia vi opponete e intanto il tempo passa… «Nel Lazio il centrodestra vincerà, per questo non si tratta solo di scegliere un candidato ma l’uomo che governerà per cinque anni. Ci sono nomi validi m campo, a partire dal nostro capogruppo, Fabio Rampelli».


Pensa anche lei che Berlusconi tergiversa sulla firma del patto del centrodestra perché vuol tenersi le mani libere per governare con Renzi? «La clausola antì-inciucio è una mia proposta, però credo che il rischio che Berlusconi salti dall’altra parte e governi con Renzi non esista più: il Pd non avrà mai i numeri sufficienti per fare un governo con Forza Italia».


Il crollo del Pd è colpa di Renzi? «Non solo. Il Pd crolla perché la gente ha capito che la sinistra è nemica dell’Italia e che i suoi governi hanno lavorato per le banche, l’Europa e i leader della globalizzazione anziché per gli italiani. D’altronde c’era da aspettarselo: non sono stati eletti e hanno fatto gli interessi di chi li ha insediati dall’alto. La sinistra paga la sua politica sugli immigrati. Imbarca clandestini e fa solo gli interessi del grande capitale, a cui è funzionale una società multietnica e indistinta: fa lo sciopero della fame per avere lo ius soli, cioè usa i bambini come scudi umani per dare la cittadinanza a tutti. Con gli immigrati sono solidali, ma le vecchiette italiane terremotate le sfrattano senza pietà».


Teme allora la soluzione opposta, un governo Cinquestelle-Lega? «Salvini nega e io, che con lui ho condiviso molte battaglie, gli credo. Quello tra M5S e Lega mi pare un matrimonio impossibile. I programmi sono incompatibili: a Roma vedo ogni giorno la Raggi dare mille euro a chi ospita un richiedente asilo mentre i romani in difficoltà vengono sfrattati. È esattamente l’opposto di quanto promette Salvini».


Si sente schiacciata dalla sfida Berlusconi-Salvini per la leadership del centrodestra? «A parte che centrodestra è una categoria che archivierei, perché oggi la differenza non è più tra destra e sinistra ma tra chi pensa ai diritti di molti e chi fa gli interessi di pochi, sottrarsi alla sfida tra chi è più grosso nel centrodestra ha fatto solo bene a Fratelli d’Italia. Eravamo sotto il 5%, ora siamo dati al 6,5 – il che rappresenta una crescita del 20% – e potremmo tranquillamente crescere ancora».


A chi guarda per crescere? «Agli italiani. Tra i miei elettori ce ne sono molti che votavano sinistra e che si sono sentiti ingannati. O meglio, ignorati».


È per allargare il bacino che ha cambiato simbolo? «Ho tenuto la Fiamma, perché mi ricordo da dove arrivo, ma ho levato la scritta Alleanza Nazionale, perché quando sono uscita con pochi altri disperati dal Pdl per salvare la destra italiana dall’estinzione ho iniziato tutta un’altra storia».


Avete il problema territoriale opposto a quello della Lega: siete deboli al Nord… «La destra storicamente è più radicata al Centro e nel Meridione. Però in alcune regioni abbiamo ottenuto dati straordinari. In Liguria abbiamo il 5%. Anche nel Triveneto siamo forti: abbiamo appena aggregato due senatori, e presto arriveranno altre sorprese».


Su cosa punta per distinguersi? «Sulla concretezza, che gli italiani apprezzano sempre di più rispetto alla polemica. Proprio ieri sono usciti i dati della produttività in Parlamento e Fdi, che è il gruppo numericamente più esiguo, è risultato anche quello più attivo. E poi, naturalmente, sul patriottismo».


Cosa significa al giorno d’oggi essere patrioti? «Essere patrioti oggi significa avere il coraggio di dire che il nostro benessere nazionale e i nostri figli arrivano prima di tutto. Patriota è la maestra che fa il presepe, l’imprenditore che non delocalizza, l’operaio che fa bene il suo lavoro. All’indomani della riunificazione Massimo d’Azeglio pronunciò la famosa frase: “L’Italia è fatta, ora vanno fatti gli italiani”. È bella, ma andrebbe ribaltata. Gli italiani ci sono, e i loro interessi vanno difesi prima di quelli di tutti gli altri. Quella che manca, e andrebbe fatta, è l’Italia intesa come Stato. Lo Stato oggi è assente, capisco gli italiani che non ci credono. A parte che, finché non sarà realizzata l’unità d’Italia, che di fatto ancora non c’è, non so quanto abbia senso parlare di Stato».


Non è un limite questa vocazione statalista, sa di assistenzialismo? «Sono per una super deduzione alle imprese che assumono e per la flat tax: nel primo consiglio dei ministri del centrodestra faremo un decreto per portare al 15% la tassazione sul reddito dichiarato in più rispetto all’anno precedente, così facciamo emergere il lavoro nero e spingiamo la produzione. E sono contraria sia al reddito di cittadinanza dei grillini che a quello di dignità proposto da Berlusconi. Anzi, mi meraviglio della proposta del Cavaliere del reddito di dignità a mille euro. Non me ne voglia, ma forse non sa che in Italia ci sono lavori regolari con stipendi sotto quella cifra. L’assistenzialismo fine a se stesso non produce ricchezza e la dignità te la dà il lavoro, non la carità».


Anche sull’Europa le sue posizioni divergono da quelle di Berlusconi? «E anche qui non riesco a spiegarmelo. Berlusconi è stato esautorato con l’inganno dello spread perché faceva gli interessi dell’Italia e, essendo economicamente forte di suo, non aveva bisogno di sottomettersi a poteri esterni. Non capisco perché stia ancora nel Ppe, che accetta supinamente quel che dispone l’Europa. La prossima volta che lo vedo, glielo chiedo».


Che idea ha sull’Europa? «Dobbiamo fare come i tedeschi, che in Costituzione hanno una norma che impedisce di recepire le direttive Ue che vanno contro l’interesse nazionale. Più che a Bruxelles io guardo a Visegrad, il patto dei Paesi dell’Est a cui aderirà anche l’Austria, che difende l’identità occidentale dal rischio isiam».


Forse Berlusconi punta al voto dei moderati? «Ma lei è sicuro che in Italia i moderati esistano? Io no, e incontro tanta gente: professionisti, imprenditori, dipendenti pubblici. Non mi sembrano moderati, tutti mi chiedono un cambio di rotta».


Però da che Silvio è ricomparso, Forza Italia vola… «È un leone da campagna elettorale, ha grande empatia. È un valore aggiunto straordinario per il suo partito».


Questo vale anche per lei… «Non è vero, io sono l’unica che si vede perché le televisioni chiamano solo me, ma il mio partito è strutturato».


Adesso che c’è la campagna elettorale la chiameranno meno? «È un rischio che so di correre. Condivido l’attacco di Salvini a Fazio: ha chiamato tutti tranne me e Matteo. Bel servizio pubblico, e pensare che lo paghiamo undici milioni. Recentemente un importante quotidiano ha profilato lo share di cinque leader di partito. Mancavo io, che sono il quinto e la sola donna. Al mio posto c’era Bersani».


Come mai lei è l’unica donna leader di partito? «Perché sono di destra. Da noi si cresce senza quote rosa, per quello che si fa. Quindi non puoi adagiarti, devi sempre combattere».


L’ultima battaglia è stata in difesa del presepe, è una donna di fede? «Quello del presepe con i bambinelli neri o Maria e Giuseppe profughi è uno scandalo, come quello della maestra che nella canzoncina ha sostituito “Gesù” con “Perù” per non offendere i musulmani. Per dialogare con gli immigrati non bisogna rinunciare a sé, tutt’altro, perché altrimenti si alimenta l’intolleranza. Chi in nome dell’integrazione rinuncia ai simboli della nostra identità fa il gioco dei mondialisti e delle multinazionali, che per vendere il loro prodotto unico devono toglierti identità e sradicarti dal tuo contesto, così che tì si abbassano le difese e puoi diventare un perfetto schiavo-consumatore. Anche la distruzione della famiglia tradizionale risponde a questa logica».


E l’allarme fascismo a che logica risponde? «A quella della disperazione della sinistra, che lo usa come una coperta di Linus quando è in difficoltà. È un’arma di distrazione di massa. Sarebbe tutto ridicolo, non fosse per i Comuni che ora vogliono vietare manifestazioni e iniziative a chi viene giudicato fascista e in certe delibere è scritto che per avere accesso ai servizi sociali è necessaria una dichiarazione di antifascismo. Il guaio è che a decidere sono quelli di sinistra. Il ministro Orlando un mese fa in tv mi ha dato della fascista, quindi a suo giudizio un clandestino in Italia avrebbe più diritti.

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2 commenti

  1. Complimenti Ottima intervista come sempre unica che dice cose sensate. Mitica

    • Federico Puglia il 31 Dicembre 2017 alle 14:00
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    Condivido i due temi indicati nel primo CdM; ne aggiungerei però un altro, che non può essere più rinviato o risolto con SMS, mancette o bonus. In un Paese che è all’ultimo posto in Europa come indice di Povertà (rapporto Eurostat: 10,5 milioni già in tale stato e 18 potenzialmente a rischio) o si indirizza immediatamente una misura per fare tornare un minimo di Dignità agli Ultimi, oppure dopo sei mesi, anche in caso di vittoria schiacciante elettorale, ci sarebbero fenomeni ancora più gravi di reazione! In particolare, i 280€ che vengono destinati mensilmente agli Invalidi in pluripatologie/Disabili, solo perché prima dei 65 anni e tre mesi non hanno potuto avere quella continuità lavorativa e, di conseguenza contributiva, grida VENDETTA verso un Paese che si vuole definire civile. La Gente che è in queste condizioni, mi creda perché incrocio queste disperazioni nelle ormai periodiche visite di Medicina Legale, non può aspettare le buone intenzioni… le patologie si aggravano e, la fine “accelerata” (mai documentata in tal senso) di una parte dei 3 milioni di Disabili, è COLPA di Chi si è interessato a Loro, sono per le ignobili immagini (uno su 100.000 casi….) di “falsi invalidi”. Così ci si “ripulisce” la coscienza, “sono tutti finti se non senza qualche organo o in carrozzella”, perché lo stato (con la “s” minuscola) non guadagna neanche 35€ per Loro, sono solo un ” Costo Sociale”!

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