Meloni a Libero: «Schieriamo le navi davanti all’Africa per bloccare i barconi»

Il presidente di FdI: «Vigileremo noi sullo sbarco al Sud di Salvini. Matteo ha una visione nazionale, spero sia sincero. L’Isis si sconfigge con le armi. Vorrei una famiglia».

L’intervista di Giancarlo Perna.

Tra una votazione in Aula e l’altra, Giorgia Meloni trova uno spazio per l’intervista. Da Montecitorio, avvelenata dalla polemica sul ministro Maurizio Lupi, raggiunge per vie interne il Palazzo dei Gruppi parlamentari dove sono i locali di Fratelli d’Italia. La vedo comparire in gran forma nel suo studio con annesso salottino in cui l’aspetto. «Ohho!», faccio io, in segno di compiacimento per il look. Il segretario di FdI è, infatti, super civettuola in stile pitonessa: giacca e pantaloni neri, ampio décolleté, monili vari. Tanto ammaliatrice da richiamarmi alla mente la messe di fidanzati che le hanno attribuiti negli ultimi tempi. Prendendola alla larga, dico: «Ha compiuto 38 anni. Pensa di mettere su famiglia?». «Non parlo della vita privata, dottor Perna», sorride Giorgia che però, inaspettatamente, aggiunge: «Se sapesse come questa sua domanda è attuale». Ride imbarazzata e si rannicchia nella poltrona dove si è appena seduta. «Non mi dica che sta per sposarsi?!», esclamo. Lo sguardo si illanguidisce e dice: «Per la prima volta nella vita è un obiettivo che vorrei darmi davvero. Se ci fossero le condizioni, si. Oggi, vorrei farmi una famiglia». È in brodo di giuggiole ma, da quel che intuisco, c’è qualche ostacolo da sormontare. «Chi è il principe azzurro?», chiedo. «Non glielo dirò», risponde. «L’elenco le sue ultime fiamme – replico -. 2013, Renato De Angelis, storia poi finita. 2014, Marco Mezzaroma, ex marito di Mara Carfagna…». «Lo conosco da una vita, è un amico», ride. «Successivamente – continuo -, Marco Perissa, dirigente di FdI, più giovane di lei. Un toy boy. Di recente, Andrea Giambruno, autore Mediaset». «Molti – dice – mi sono stati attribuiti a torto. Forse è colpa mia perché non voglio parlarne. Sta di fatto che mi danneggia perché i miei compagni si ritraggono sentendosi messi a nudo dai pettegolezzi». Non si sbilancia ma giurerei che tra gli elencati c’è il nome giusto. Le chiedo: «È lei che è una pantera o gli uomini sono attratti dal suo potere?». Meloni si fa seria seria e scandisce: «Gli uomini sono traumatizzati dal potere di una donna. Si sentono tremendamente a disagio con una donna affermata. Confondono la gerarchia sociale con quella della coppia. Io, come si sa, posso essere aggressiva ma vorrei anche essere rassicurata e presa per mano. Il timore degli uomini è il massimo problema che ho incontrato con loro in questi anni. E ne soffro molto». «È anche la causa delle incertezze nella sua storia attuale?», chiedo intenerito. «Sì. Spero però di avere incontrato una persona che sia sufficientemente forte da farcela a superare questo ostacolo», risponde Giorgia e mi guarda come se volesse da me la conferma delle sue speranze. È decisamente provata dalle confidenze e passo al botta e risposta per distrarla.

Lei è la prima donna capopartito. Vittoria femminista? «No. In Italia, è difficile accettare una donna leader. Gli uomini non ti prendono sul serio. Antonio Polito, opinionista del Corsera, mi ha definito su twitter ragazza pon pon, prima di Fini, poi di Berlusconi, ora di Salvini. Con un uomo non avrebbe mai usato l’immagine di una in mutande».

Avrà almeno il sostegno delle donne. «No, perché competono tra loro anziché con gli uomini. Dando per scontato di non esserne all’altezza, le donne si beccano tra donne anche se sono due in mezzo a dieci maschi».

FdI zoppica. Alle europee 2014 non ha raggiunto il quorum del quattro per cento. «Oscurati dalle tv e pochi soldi, abbiamo raccolto un milione di suffragi, mancando l’obiettivo per 70 mila voti».

Ma lei è stata votatissima. Per Guido Crosetto, l’ex presidente di FdI, calamita più lei del partito. «Tutti i partiti hanno oggi meno appeal dei singoli. Vale per Salvini, Berlusconi, Grillo e Renzi. Con la fine dei partiti, le facce funzionano più dei simboli».

Senza più il liberale Crosetto, uscito dalla politica, siete rimasti un partito post neofascista. «Non mi consideravo neofascista nemmeno nel Msi. Teniamo viva una visione, senza farci venire il torcicollo guardando indietro».

Qual è la vostra ideologia di riferimento? «La forza della destra sta nel raccogliere il meglio della cultura nazionale senza mettere etichette. Rinascimento, Roma antica, dottrina cristiana. Tutto ciò che esalta le luci della nostra storia».

Oberdan, Goffredo Mameli…«Scherzi, pure. Se però, i ragazzi sapessero che il nostro è un Paese di eroi, dal Risorgimento ai morti del 1953 per Trieste, non avrebbero le magliette con un argentino morto in Bolivia, n limite dell’Italia è l’incapacità di sentire la sua grandezza».

Il politico o l’intellettuale più influente? «Volendo fare un nome, Giorgio Almirante, per la capacità visionaria. Già negli anni ‘70, per dire, denunciava il dilagare della spesa pubblica con la nascita delle Regioni. Però, se voglio bella musica, ascolto Guccini, cantautore di sinistra».

Tra capitalismo liberale e statalismo socialista? «Due modelli fallimentari. La sintesi sono eguaglianza e merito. Da noi, contano famiglia e censo, non la capacità individuale. Il mio obiettivo è abolire rendite di posizione, parassitismi e privilegi».

Vi dite nazionalisti ma vi alleate con la Lega, secessionista per statuto. «È dal 1994 che destra e Lega camminano insieme. Sui temi dell’unità, quella di Bossi era più becera di quella di Matteo Salvini che ha una visione nazionale. L’interrogativo è se sia sincero o voglia solo drenare voti al Sud. Saremo vigili».

Punta a riunire il centrodestra con Fi o a ricompattare la diaspora della destra ex An? «Voglio dare una casa ai dispersi della destra e fare sì che i loro cuori tornino a battere. Non mi interessano i colonnelli ma la gente. Voglio però anche non morire renziana e creare alleanze. Ma puntando al popolo, senza alchimie politicanti».

Il Cav alla frutta? «Non è più lui il Francesco Totti e sbaglia se pensa ancora di giocare da punta. Dovrebbe pensare all’eredità che vuole lasciare. Un leader deve avere qualcosa che gli sopravviva».

Dopo i suoi guai, Gianni Alemanno è ancora gradito in FdI? «Si è auto sospeso. Giusto cosi. Sarà gradito quando dimostrerà di essere estraneo alle accuse. Cosa di cui sono certa».

Nei suoi programmi rientra Gianfranco Fini? «No. Ha preso una strada che nulla a che fare con la destra. I militanti non capirebbero».

Fini ha detto di lei: «Mi ha deluso, è solo la mascotte di Salvini». «Se non altro, mascotte è meno sessista del pon pon di Polito. Mai stata però mascotte di nessuno, al contrario di lui che, appoggiando il governo Monti, è stato mascotte di interessi stranieri, alta finanza e consorterie Ue con supremo dispregio dell’interesse nazionale».

Per Fini, lei ha l’ossessione dell’immigrazione. «Va governata come cercò di fare lui con la Bossi-Fini. Primo: si entra solo col permesso di soggiorno. Secondo: se manca si è espulsi. Terzo: si ottiene il permesso solo se si è in grado di fare una vita dignitosa. Se no, c’è solo degrado e delinquenza».

Come arrestare gli sbarchi? «Intervenendo in armi al fianco del governo libico per sconfiggere l’Isis e schierando le navi davanti alle coste africane per impedire le partenze».

Uscire dall’euro? «L’euro per noi è una trappola. Uscirne un’incognita. Restare, è la certezza di tirare la carretta per la Germania. Siamo per un ritorno al passato, concordando con l’Ue l’uscita dalla moneta unica».

Matteo Renzi? «È in pieno un uomo della Prima Repubblica, prono ai poteri forti. In ogni suo provvedimento c’è un regalo alle lobby, alle banche, agli amici degli amici».

Lei si è battuta per il crocifisso nei locali pubblici, contro i diktat Ue. «Crocifisso, presepe, benedizione pasquale sono simboli della nostra civiltà. Non sopporto quando si dice che offendono. È come dicessero che è la mia civiltà che offende».

E la tolleranza dove va a finire? «Non credo nella tolleranza. Credo nel rispetto reciproco. Non accetti gli usi di casa mia? Tornatene a casa tua».

Quando correggerà la sua inflessione romana? «Ci ho provato. Ma se m’infiammo, rispunta di nuovo. E io sono sempre in fiamme. Adesso più che mai, come lei sa».

Clicca qui per scaricare l’intervista.

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