Meloni a “Il Tempo”: “Noi siamo l’ultima barriera contro l’inciucio”

Onorevole Giorgia Meloni, per i sondaggi oggi un centrodestra unito varrebbe più di PD e M5S. È una prospettiva ancora attuale?

 
È presto per parlarne. Vediamo prima con quale legge elettorale dovremo confrontarci. Però trovo strano che chi oggi in Forza Italia propone un proporzionale puro sia lo stesso che viene a dirci che un centrodestra unito potrebbe vincere le elezioni. Se davvero si fosse creduto a questa possibilità – e io ci credo – si sarebbe lavorato ad un’altra legge elettorale.
 
E allora perché si è arrivati al sistema tedesco?
 
Io penso che tutti quanti si siano un po’ fatti prendere dall’entusiasmo dopo l’exploit macroniano e abbiamo creduto che anche in Italia la sfida avrebbe dovuto riprodurre lo schema francese. Il senso è: “I lepenisti non vincono e per sconfiggerli serve un inciucio”.
 
Non è vero?
 
È vero che Marine Le Pen non ha vinto ma ha preso comunque molti più voti delle due forze tradizionali. E al tempo stesso le cose sarebbero andate diversamente se la candidata del Front National si fosse alleata con i repubblicani di Fillon.
 
Un’eventualità impossibile.
 
In Francia. Ma possibile in Italia, dove c’è tutta un’altra tradizione. Per questo noi avevamo pensato ad una legge elettorale che, partendo dall’Italicum, avrebbe consentito di ottenere una maggioranza certa.
 
In che modo?
 
Con delle soglie a scaglioni per fare scattare premi di governabilità. Oggi l’Italicum prevede che chi si aggiudica il 40% dei consensi abbia il 50% dei consensi. Noi volevamo integrare questo sistema stabilendo che chi, invece, si fosse aggiudicato il 30% dei voti potesse arrivare automaticamente al 51%. Avremmo legato questo premio alla coalizione, avremmo eliminato i capilista bloccati (tutti dicono di voler superare le liste bloccate invece puntualmente le ripropongono) e con questa base il centrodestra avrebbe avuto tutte le carte in regola per vincere le elezioni. Invece si è scelta un’altra strada.
 
E dove porta questa strada?
 
Dritti dritti al tentativo di fare un governo di inciucio. Per il quale, però, non ci saranno i numeri. Quindi chi sta votando questa legge si porterà addosso la responsabilità di aver reso l’Italia ingovernabile. Facendo, peraltro, anche un favore a Fratelli d’Italia.
 
In che senso?
 
Secondo tutti i sondaggisti, la nostra semplice presenza nel prossimo Parlamento costituisce la garanzia che non ci saranno i numeri per l’inciucio. L’unico vero voto utile per non aver un nuovo governo Monti è votare Fratelli d’Italia. Non potevo chiedere un ruolo migliore, fermo restando che questo sistema non mi piace.
 
Vi preoccupa la soglia al 5%?
 
No. Mi spaventano gli italiani che si fanno convincere dai sondaggi e da quello che dicono gli opinionisti, dimenticando che sondaggisti e opinionisti lavorano sempre per qualcuno. Curiosamente da quando si è ipotizzato lo sbarramento al 5% Fratelli d’Italia, che fino al giorno prima era tranquillamente sopra quella percentuale, è scesa sotto. E questo avviene perché c’è l’interesse dei tre principali partiti a marginalizzare le due grandi correnti ideologiche di questo Paese, gli eredi di Almirante e quelli di Berlinguer. È una battaglia che mi affascina molto: la difesa della destra italiana. Sapendo che dovrò affrontare la manfrina dei grandi quotidiani sul voto utile esattamente come avvenuto a Roma. Non dimentichiamo che alla vigilia delle elezioni per il Campidoglio io e Marchini eravamo dati esattamente alla stessa percentuale: il 20%. Poi abbiamo visto come è finita. Solo che a causa di quei sondaggi io ho mancato il ballottaggio, perché in tanti hanno pensato che scegliendo me avrebbero sprecato il voto.
 
Tanto Berlusconi che Salvini sono corsi a Renzi per siglare l’accordo sulla legge elettorale nonostante i vostri partiti. Da chi si è sentita più tradita?
 
Avrei preferito senz’altro che si facesse una proposta comune, perché andare in ordine sparso ci indebolisce. Capisco che la scelta di Salvini è stata dettata dalla sua volontà di andare alle urne al più presto, al di là della legge elettorale. A maggior ragione con un proporzionale che per lui è piuttosto vantaggioso. Dispiace, certo, ma “tradimento” è un parolone in quanto a Berlusconi ora ho sentito che si sta spingendo a ipotizzare addirittura uno sbarramento all’8%. Stai attento perché con una soglia del genere in Parlamento non entra neanche Forza Italia: la gente non è stupida, capisce a cosa portano certe strategie, se c’è del buono sotto. E francamente non so cosa di buono si possa fare in un governo con Renzi se non quello che il leader PD ha fatto finora: il burattino delle lobby. 
 
Se il Movimento 5 Stelle fosse il primo partito e avesse da Mattarella l’incarico di governo, Fratelli d’Italia sarebbe disposta a dare un appoggio esterno?

 
Invece di immaginare altri vincitori, voglio lavorare affinché sia il centrodestra a vincere e siano gli altri a doverci dare l’appoggio esterno.
 
Come si articolerà la battaglia identitaria per riportare la destra in Parlamento?
 
Con Fratelli d’Italia avevamo programmato la celebrazione del congresso nel mese di novembre. Immaginando che la legislatura sarebbe andata a scadenza naturale avevamo lavorato su una serie di conferenze tematiche distribuite su tutto il territorio nazionale per scrivere il programma e aggregare la società civile. Un’operazione poco appariscente ma che darà i suoi frutti nel tempo. Perché il nostro problema finora non è stato certo quello del contenuto politico: noi siamo quelli che portiamo avanti le idee più chiare, un prodotto che politicamente ha mercato. Il problema, semmai, è stato trovare chi lo vende sul territorio. Ora stiamo colmando questo gap di classe dirigente.
 
E con il voto anticipato?
 
Proporrò al partito di anticipare il congresso a luglio, perché credo sia comunque necessario fare un tagliando a Fratelli d’Italia prima del voto, presentare il nostro progetto e fare un appello a chiunque è rimasto finora fuori da questo partito ma vuole salvare la destra italiana, senza limitarsi a fare una battaglia di rappresentanza ma puntando a governare. Voglio lottare per far affermare valori come la difesa della patria, della nostra identità, delle nostre famiglie, del nostro lavoro, dei nostri prodotti. Tutte istanze che non possono essere portate avanti nè da Renzi nè dai grillini, perché anche loro quando si tratta di voti sensibili si schierano sempre con le lobby. Quando abbiamo chiesto che a ogni immigrato non si destinasse più di quanto prende un pensionato sociale in Italia, ad esempio, il M5S ha votato contro…
 
Se anche dovesse nascere una coalizione di centrodestra, come garantìre che non tornerete a litigare il giorno dopo il voto?
 
Questo purtroppo avviene anche nei singoli partiti. Basti vedere quanto accaduto nel Pd o nel Movimento 5 Stelle, che è il partito più “dittatoriale” in assoluto. C’è un modo solo per combattere questa tendenza: prevedere il vincolo di mandato. Se io non sostengo più le idee della coalizione per la quale sono stato eletto, devo dimettermi da parlamentare. Noi abbiamo fatto delle proposte in tal senso ma ce le hanno bocciate. Purtroppo è un tema costituzionale e ormai non si fa più in tempo. L’alternativa è fare un accordo su un programma molto serio e dettagliato, facendo magari scegliere gli elettori sugli aspetti più controversi attraverso primarie sui temi e sul candidato premier. Non a caso nella nostra proposta di legge elettorale c’erano anche le primarie regolate per legge. Eppure c’è chi continua ad aver paura di confrontarsi con il popolo. Paradossale soprattutto per un leader come Berlusconi che col popolo ci ha sempre saputo parlare.
 
Torniamo al programma. Secondo uno studio del Pew Research Center in vent’anni la popolazione musulmana in Italia aumenterà del 102%. Come governare l’immigrazione?
 
Da tempo denuncio il processo di islamizzazione dell’Europa in atto. C’è chi lo dichiara apertamente come Erdogan, il presidente di quella Turchia che alcuni volevano nell’Unione europea, e chi – come Arabia Saudita e Qatar – finanzia da anni l’apertura di moschee e centri culturali in Europa per diffondere il credo fondamentalista. Non mi riferisco alle moschee abusive. Quando mi sono candidata sindaco di Roma ho posto la questione del perchè la grande moschea dovesse essere diretta da un CDA al vertice del quale c’è l’ambasciatore dell’Arabia Saudita, un Paese dove si applica la “sharia”. Io penso che la grande moschea di Roma dovrebbe essere diretta dagli islamici italiani e non dai fondamentalisti. Di fronte a questo, non ci meravigliamo se a compiere gli attentati siano europei islamizzati. È la nostra negazione della nostra cultura a  produrre tutto questo  Quella gente sembra credere a qualcosa mentre noi non crediamo più in niente.
 
D’accordo, ma come si affronta tutto questo?
 
C’è una questione di identità. C’è da preoccuparsi se crocifisso, presepe, benedizione pasquale diventano un tema di discussione. Io sono per il crocifisso nelle scuole. E non solo perché sono cattolica, ma perché su quel sistema di valori si fonda la mia società, compreso il principio della laicità dello Stato. E se quel simbolo da fastidio a qualcuno, vuol dire che a questa persona da fastidio tutto il mio sistema di valori. E allora forse c’è un problema. Il tema dell’identità va affrontato e una delle chiavi è proprio la scuola. È da lì che deve partire tutto. Certo, se poi l’esempio di chi ci governa è coprire le statue per compiacere gli islamici e lasciarsi irretire dagli arabi con qualche rolex, diventa tutto più difficile.
 
Identità, certo. Ma nell’immediato come rispondere a un’ondata migratoria senza precedenti?
 
Questo è l’altro grande tema. Quando parliamo di immigrazione facciamo una gran confusione. Ogni nazione governa il flusso di immigrati in maniera tale che non sia messa in pericolo la composizione della sua società. In Italia lo strumento per farlo è il decreto flussi. Ebbene, secondo questo decreto lo scorso anno in Italia non poteva entrare neanche un immigrato regolare. Se tu sei un filippino che vuole entrare in Italia regolarmente per lavorare, non puoi farlo, perché tutte le quote sono state coperte da chi arriva con i barconi. In pratica, un filippino cattolico che vuole lavorare regolarmente in Italia deve entrare irregolarmente. Di fatto, insegniamo fin da subito a chi arriva qui quanto contino per noi le regole: zero. In secondo luogo, rinunciamo del tutto a governare la composizione della nostra immigrazione. Abbiamo accolto cinquecentomila musulmani, in maggior parte uomini soli in età da lavoro. Il che ha un impatto pesantissimo sulla nostra società. Governare l’immigrazione significa anche scegliere chi accogliere. Dire questo significa essere razzista? No, significa solo preservare l’identità italiana.
 
Quali sono gli altri punti su cui un partito di destra oggi si deve contraddistinguere?
 
Famiglia, natalità e difesa della composizione tradizionale della nostra società. In Italia non si fanno più figli, rischiamo di scomparire. Un’altra questione è la difesa del nostro lavoro, che passa per la difesa dei nostri prodotti e inevitabilmente investe il rapporto con l’Unione europea: un’organizzazione che si è ridotta a una somma di interessi nazionali dove l’interesse del più forte si impone su quello del più debole. Oggi la Ue vorrebbe imporci di non fare più il formaggio col latte vaccino ma con quello in polvere. Perché? Perché i formaggi italiani, fatti con il latte vaccino, superano troppo in qualità i prodotti degli altri Paesi. E perché la Germania è la nazione leader nella produzione del latte in polvere. Funziona tutto cosi.
 
E come se ne esce?
 
Mettendo nella nostra Costituzione una norma come ce l’hanno nella civilissima Germania: ovvero che in caso di sovrapposizione la legislazione nazionale prevale su quelle internazionali. Già questo ci permetterebbe di stare in Europa a testa alta, magari replicando anche alla vulgata di chi, come quel politico olandese, ha detto che gli Stati del sud Europa sperperano i loro soldi in vino e donne. Le statistiche sul consumo degli alcolici, semmai, dicono che si beve molto più al nord. E le donne in vetrina ci stanno ad Amsterdam, non certo in Italia. Noi, piuttosto, siamo lo Stato che contribuisce maggiormente al bilancio comunitario rispetto al proprio Pil.
 
Intendete rivedere i trattati?
 
Prendiamo il libero mercato. È un concetto bellissimo, ma si può applicare solo con chi ha le tue stesse regole. Con gli Stati Uniti, non con la Cina. A meno di non pagare i miei operai quanto li pagano in Cina o di delocalizzare a Pechino. È una questione che ci riguarda da vicino, basti pensare al caso di Almaviva a Roma. Io ho presentato una proposta di legge per imporre a chi lavora su commesse pubbliche, come faceva Almaviva, di mantenere i suoi stabilimenti in Italia e non, per dire, in Romania. È protezionismo? No, buonsenso.
 
Restate favorevoli a un’uscita dall’euro?
 
Non pensiamo a uscita unilaterale dell’Italia, ma ad uno scioglimento concordato della moneta unica. In tanti sanno, anche se non lo vogliono dire, che l’euro è una moneta destinata a scomparire. Tra dieci anni non ci sarà più. Ci sono una serie di banche che stanno già studiando il piano B. Vorrei che a farlo fossero anche gli Stati nazionali.
 
Roma è una città in disarmo. Le aziende scappano, i costruttori hanno ipotizzato di spostare la Capitale a Milano. Siamo al punto di non ritorno?
 
Tengo molto al tema della competitività della Capitale e credo che il silenzio della sindaca Raggi su vicende come Alitalia, Sky o Esso sia imbarazzante. In una città già in difficoltà l’avvento dei Cinquestelle e della loro incapacità può essere fatale. Hanno passato tre consigli a discutere della cittadinanza onoraria al giudice Di Matteo. Perché non hanno idee, non hanno delibere pronte e quelle che preparano poi le devono ritirare perché mancano le coperture economiche. Di Battista ha chiesto tempo per fare esperienza. Ma l’esperienza non puoi farla sulla pelle di Roma.
 
Il centrodestra non deve rimproverarsi nulla?
 
Su Roma alle ultime amministrative abbiamo avuto un momento di chiarezza. È stato dimostrato che non è detto che mettere insieme tutto e il contrario di tutto significhi vincere. La storia di Marchini lo dimostra. Meglio pochi ma con un’idea chiara e coraggiosa di rilancio della città. Ora io, dopo essere stata anche insultata in campagna elettorale, sono pronta a riallacciare i fili. A patto però che si ascolti chi conosce la città. Non si può calare su Roma il tema della leadership nazionale. Quell’aspetto quando mi sono candidata sindaco per me non c’entrava nulla.
 
Lo rifarebbe?
 
Certo, lo rifarei. E non mi rimprovero neanche il modo in cui è avvenuta la mia candidatura, quel periodo di incertezza dovuto alla gravidanza. Tra l’altro, quando la questione della gravidanza ancora non c’era e io avevo dato la mia disponibilità, c’era qualcuno tra i presunti alleati che non vedeva la cosa di buon occhio temendo che se avessi vinto avrei aumentato troppo il mio status a livello nazionale. Ecco, questo è tutto quello che non dobbiamo ripetere in futuro, a partire dalle elezioni regionali nel Lazio.
 
A proposito di Regionali. A unire il centrodestra può essere la figura di Sergio Pirozzi?
 
È presto per parlare di nomi. C’è chi ha chiesto a me di candidarmi, si è parlato di Fabio Rampelli così come di Sergio Pirozzi, tutti nostri dirigenti. Quello che fa piacere è che già queste ipotesi dimostrano come si sia compreso che non si può prescindere da Fratelli d’Italia nel Lazio. Mi preme, però, ricollegarmi al discorso nazionale. È chiaro che se Berlusconi scegliesse l’inciucio con Renzi, difficilmente si potrebbero immaginare alleanze a livello locale. A quel punto, se Forza ltalia farà una scelta cosi lontana dai nostri valori, starà a noi il compito di rappresentare tutto il centrodestra, non solo la destra.
 
Torniamo alla Capitale. Le due grandi emergenze oggi sono i trasporti e la sporcizia. Come affrontarle?
 
Partiamo da Atac. Io credo che oggi la soluzione dell’acquisto da parte di Trenitalia non sia la via preferenziale. A me non è stato mai chiarito, in particolare, come possa tecnicamente passare a Trenitalia un’azienda che si occupa del trasporto pubblico che sta in capo al Comune. In ogni caso, se il servizio non si riorganizzerà al più presto andrà a gara. Fossi stato io il sindaco avrei innanzitutto fatto scelte diverse sui dirigenti. E poi avrei fatto un appello a tutti quelli che lavorano in Atac. Avrei chiesto: “Signori, che facciamo? O risolviamo i nostri problemi o siamo spacciati”. A quel punto qualcosa si sarebbe mosso, perché dubito che i dipendenti vogliano restare senza lavoro. Dalla Raggi, invece, silenzio tombale.
 
In quanto ai rifiuti?
 
Intanto diciamo che questo rimpallo di responsabilità tra Cinquestelle e Pd è squallido. La sindaca Raggi sostiene che la sua Giunta ha fatto una proposta alla Regione. Zingaretti sostiene che questa proposta non è arrivata. Mi chiedo: se la proposta esiste, perché non è stata comunicata all’opinione pubblica? O non c’è, oppure…».
 
Oppure?
 
Una proposta seria comporterebbe un piano per la chiusura del ciclo dei rifiuti in città. Chiariamoci: anch’io sono d’accordo che, nel frattempo, i rifiuti bisogna continuare a portarli all’estero. Ma sul lungo periodo va immaginata la presenza degli ecodistretti in città. Ed è qui che si crea il problema. Perché alla fine si scontenterà per forza qualcuno e si pagherà un prezzo dal punto di vista del consenso. È questo che i Cinquestelle non possono permettersi, perché la loro politica è finalizzata esclusivamente al consenso. È tutta una bolla mediatica. Un politico serio fa altro.
 
Cosa?
 
«Prevede gli ecodistretti, affronta la crisi di consenso ma al tempo stesso lega la Tari alla quantità di rifiuti indifferenziati prodotti in modo da incoraggiare la raccolta differenziata. Poi, una volta ottenuta la chiusura del ciclo, trova il modo di trasformare l’immondizia in una risorsa economica e col ricavato abbassa ulteriormente la tariffa sulla raccolta. Certo, è un progetto a lunga scadenza e andava avviato subito. I Cinquestelle sono già in ritardo».
 
Chiudiamo con una nota amara. Cosa pensa delle ultime rivelazioni su Gianfranco Fini?
 
Sono veramente in difficoltà perché stavolta si è andati molto oltre il tema del tradimento dei valori. Fare affari loschi col gioco d’azzardo è la negazione di tutto quello che abbiamo rappresentato. È una situazione difficile per l’affetto che abbiamo portato a Fini e perché fino a qualche tempo fa gli accreditavamo solo gli errori che si fanno in politica. Sono molto in difficoltà… non capisco come chi viene da quella storia possa finire in questo modo. Per me è impensabile».
 
La questione di Fini ci porta al patrimonio della Fondazione An. Come va gestito? Come evitare che in futuro ci siano altre case di Montecarlo?
 
Facciamo chiarezza. Quel patrimonio serve a far vivere le idee della destra italiana culturalmente. Non può essere utilizzato per fondare nuovi partiti come qualcuno in passato ha pensato di fare. La Fondazione An deve fare la fondazione, e non sempre ci è riuscita. Penso al caso di Almerigo Grilz, uno straordinario reporter scomparso trent’anni fa dimenticato dai grandi media perché era missino. Ha avuto una vita eccezionale che l’Italia non conosce, eppure la Fondazione non ha organizzato nulla per ricordarlo. Per adempiere meglio al suo compito questo ente dovrebbe rieleggere il suo cda, anche per superare una situazione che fotografa la geografia politica di An all’epoca dello scioglimento, otto anni fa. Purtroppo sembra un passaggio complicatissimo. Anche a me piacerebbe avere a disposizione un think-tank che sui temi del nostro tempo mi aiutino a leggere la società. Potrebbe utilizzarlo chiunque all’interno della Fondazione. Purtroppo siamo sempre bloccati.
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