QUI C'E' UNA STORIA ECCEZIONALE. Un “bene culturale” mondiale. Una storia eccezionale. Una città eccezionale. Ecco: eccezionale. Non c’è parola che descriva meglio le caratteristiche di Roma. Eccezionali le sue vicende, i suoi monumenti, la sua bellezza, la sua gente. Eccezionali le sue dimensioni, i suoi problemi, la complessità della sua vita quotidiana. È possibile governare l’eccezionalità con le regole “normali”? Oppure la situazione di “emergenza” in cui si trova Roma è figlia proprio di questa impossibilità? L’emergenza – e la sua gestione con mezzi sempre “straordinari” – è ormai diventata la condizione comune della Capitale: c’è un’emergenza alloggiativa, un’emergenza sicurezza, un’emergenza rifugiati, nomadi, buche, ecc. E quando l’emergenza diventa normalità, vuol dire che chi dovrebbe governare la nostra città ha fallito. Miseramente. Vedere lo stato nel quale è ridotta la nostra città è per ogni romano un dolore immenso. Una città fatiscente, sporca, insicura, con delle strade che sembrano bombardate da una pioggia di meteoriti, con trasporti che non funzionano, traffico asfissiante, inefficienza. Chiedetelo a un qualsiasi turista, italiano o straniero: com’è Roma? Meravigliosa, dirà, peccato che è ridotta uno schifo ed è governata da una classe politica inefficiente e corrotta. Per me, come cittadina romana, è stato un vero colpo al cuore vedere Roma finire sui giornali e le televisioni di tutto il mondo per la sua sporcizia, per il degrado della stazione Termini, e con il colpo finale di Mafia Capitale, un sistema di corruzione e latrocinio che si è insinuato fino al midollo di questa città, sporcandone l’immagine a livello globale. L’“emergenza continua” non è solo un cattivo modo di amministrare la Capitale. È anche peggio. È uno stato di confusione che apre la porta alle procedure opache e senza controlli, agli affidamenti d’urgenza, alle gestioni irresponsabili, al predominio delle furberie. L’anticamera dello sperpero, della corruzione, del malaffare come sistema. A prescindere da sprechi e corruzione, l’emergenza continua produce un deficit strutturale nel bilancio che pesa come un macigno, nelle tasche del Comune e, purtroppo, in quelle delle famiglie e dei cittadini. Più tasse e servizi indegni per una città come la nostra. La cattiva amministrazione e l’illegalità diffusa sono come il cane che si morde la coda: causa ed effetto della decadenza di Roma. È arrivata l’ora di reagire, di restituire lo scettro del potere nelle mani del “popolo sovrano”, chiamando a raccolta tutti i cittadini di buona volontà che hanno a cuore non solo il proprio interesse personale ma il futuro della città in cui vivono loro e vivranno i loro figli. Io voglio restituire a noi tutti, a chi ama Roma e la vive ogni giorno, la gioia e il senso di appartenenza, la consapevolezza di quanto è bello definirsi cittadini romani. Voglio e pretendo di passare una volta per tutte da una cultura dell’emergenza continua alla costruzione di un progetto che, già nei primi mesi del mio mandato, non guardi più ai guasti del passato ma sia in grado di proiettarsi nel futuro e costruire una visione politica, amministrativa, etica, morale, di governo, che guardi a ciò che sarà la Capitale tra 20 o 50 anni. E allora dobbiamo ripartire dal nostro orgoglio: questa è Roma! Roma la città più famosa al mondo. La città più gloriosa della storia. La capitale della nostra Patria. La capitale del cristianesimo. E allora: qui non si tollera il degrado, non si tollera la sporcizia, non si tollerano i ladri, non si tollera l’ingiustizia, qui si governa bene, qui siamo esigenti, qui ognuno fa la sua parte. Perché questa è Roma.
QUI VOGLIAMO CHE ROMA SIA DAVVERO CAPITALE. Io ho fatto la mia scelta. Sono scesa in campo per guidare la città, ho messo da parte il mio ruolo di leader di un partito nazionale. Ho fatto tutto questo consapevole di trovarmi in una fase della vita che ogni donna vive con gioia ma anche con preoccupazione. Se ho fatto tutto questo è perché amo la mia città e voglio che torni a rappresentare ciò che la sua storia ci ha portato in dono. Penso, anzi sono certa che Roma meriti finalmente quello che le spetta: il riconoscimento da parte di tutta la Nazione per le funzioni che svolge e il peso che sostiene nel farlo, a livello di città e a livello di ogni singolo cittadino che la abita. Roma non è una città come le altre: è il comune più popoloso, più esteso, più complesso d’Italia, che ogni giorno ospita 1 milione di persone in più dei suoi cittadini, un comune che è 12 volte Parigi, 7 volte Milano, un comune con la maggiore concentrazione di beni storici al mondo, ospita l’università più grande d’Europa, 29 organizzazioni internazionali, lo stato Vaticano al suo interno. Non solo: Roma è il comune agricolo più grande d’Europa. Per questo la Capitale non può essere amministrata con i poteri di un comune di 1000 abitanti. Bisogna avere il coraggio di affermarlo, anche di fronte a un Parlamento ostaggio dei campanili e dei localismi, che ha dimenticato per decenni di occuparsi della sua Capitale. Mentre Francia, Spagna, Gran Bretagna e Germania facevano leggi e investivano risorse per garantire a Parigi, Madrid, Londra e Berlino lo status effettivo di metropoli globali, Roma è stata lasciata a se stessa, governata con le stesse regole di un piccolo paesino. Solo nel 2009, con la legge sul Federalismo fiscale, a Roma sono state riconosciute alcune prerogative speciali. Ma la legge conteneva solo un riconoscimento di principio: per trasferire davvero poteri e risorse bisognava attendere la solita trafila dei decreti legislativi, con i quali dare attuazione alla legge. E, come spesso accade, la montagna ha partorito il topolino. Tre decreti in quattro anni hanno dato a Roma poco o niente, con le amministrazioni statali e la Regione impegnate più a difendere i loro poteri che a trasferirli alla Capitale. Ci sono voluti sei anni alla Regione per iniziare a discutere, e solo a discutere, la legge regionale per devolvere le sue competenze. Solo lo scorso anno il governo ha riconosciuto alla città i cosiddetti “extracosti” sostenuti per svolgere le funzioni di Capitale della Repubblica: 110 milioni l’anno (mentre ne tagliava 300 dai trasferimenti ordinari in Bilancio). In pratica, a Roma sono riconosciuti i costi per deviare gli autobus, spazzare le strade e pagare gli straordinari ai vigili urbani per regolare il traffico in occasione dei cortei, delle manifestazioni e delle cerimonie che ospita come sede di rappresentanza nazionale. Come se essere Capitale fosse (e costasse) solo questo. Non si può più attendere oltre: da Sindaco di Roma aprirò una vertenza decisiva e definitiva per far riconoscere alla Capitale uno status adeguato al suo ruolo, e metterla in condizione di competere alla pari con le altre metropoli europee. Noi chiediamo gli stessi poteri speciali che possiedono tutte le grandi capitali europee. Mi aspetto il sostegno dell’intera città e di tutte le forze politiche e sociali in questa battaglia, che voglio condurre come sindaco dei romani, anche di coloro che non mi hanno votata. Se la Regione Lazio non trasferirà subito poteri legislativi e risorse economiche, saranno Governo e Parlamento a dover emanare una nuova legge costituzionale per dare a Roma i poteri della Regione e le risorse necessarie. In questo processo di devoluzione, rivendico anche un consistente trasferimento patrimoniale: oggi l’area archeologica centrale è divisa a metà tra Comune e Stato. Con i soldi incassati dal Colosseo lo Stato tiene in piedi il Ministero dei Beni culturali. Voglio riunificare tutta l’area sotto la proprietà della città di Roma, e avere le risorse per gestire e valorizzare il suo immenso patrimonio archeologico. Vogliamo gestire autonomamente i nostri beni culturali, perché è facile capire che se Roma deve farsi carico delle spese connesse a 14 milioni di turisti che ogni anno vanno a vedere il Colosseo, sarebbe anche giusto che potesse gestire gli incassi. A Roma Capitale dovranno essere trasferite la proprietà e le competenze sugli argini e le banchine del Tevere, le quote di Eur spa (oggi al 90% del Tesoro), tutte le caserme militari dismesse, le ferrovie regionali Roma-Lido e Roma-Giardinetti e altro ancora. E una dotazione finanziaria stabile ben superiore alle briciole riconosciute con gli “extracosti”.
QUI A ROMA IL DEBITO LO AZZERIAMO. Roma ha un debito pregresso, accumulato durante le gestioni di Rutelli e Veltroni, che schiaccia e soffoca l’economia romana. Famiglie e imprese pagano le tasse più alte d’Italia, perché ogni anno almeno 200 milioni di euro devono essere versati allo Stato dai romani per estinguere il debito e vengono raccolti in gran parte con l’addizionale Irpef dello 0,4%. Questo 0,4% non serve al Comune per offrire servizi migliori ed efficienti ma a ripagare i debiti. Per almeno altri 20 anni, una pressione fiscale altissima soffocherà le potenzialità di sviluppo e di ripresa. All’appello mancano almeno 13 miliardi di euro, dei quali 4 o 5 di soli interessi. Per questo chi dice che abbasserà le tasse lo fa perché è sicuro che non andrà mai a fare il sindaco. Servirà tempo per poter abbassare l’addizionale Irpef. Lo Stato ha da poco riconosciuto che i cittadini romani sopportano la spesa di non meno di 110 milioni l’anno per sostenere l’onere di essere Capitale e di ospitare le Istituzioni nazionali e sovranazionali. Ma Roma è Capitale della Repubblica da oltre 70 anni: se lo Stato riconoscesse una tantum gli “arretrati”, ovvero i soldi mai versati sinora, alla città di Roma, potremmo azzerare il debito, risparmiando anche qualche miliardo di interessi. Si tratterebbe di una goccia nell’oceano del debito pubblico, che oggi ammonta a 2200 miliardi. In compenso, le minori tasse pagate nei prossimi venti anni da milioni di famiglie e imprese libereranno risorse per gli investimenti e faranno ripartire il mercato interno e gli acquisti, la ricetta migliore in tempi di crisi e stagnazione. Qualcuno potrebbe legittimamente domandarsi se sia giusto chiedere a tutti gli italiani di pagare il debito accumulato dalla città e riconoscere risorse straordinarie per il futuro. Io rispondo di sì, senza alcun dubbio. È giusto perché Roma e i romani pagano ogni giorno il prezzo e il peso dei compiti istituzionali e dei servizi che la città rende a tutta la Nazione (e al mondo intero, come sede della Chiesa cattolica, di Fao, Ifad, Wfp, ambasciate e di altri organismi sovranazionali); è giusto perché Roma è una delle poche aree geografiche che versa all’erario un gettito fiscale molto superiore a quello che lo Stato restituisce (basterebbe una piccola compartecipazione al gettito dell’Iva prodotta dalle attività svolte nella Capitale per dimenticare ogni problema di Bilancio), al pari del Lombardo-veneto e di poche altre aree produttive. È giusto perché ogni Nazione fiera di sé e dell’immagine che trasmette, dedica risorse speciali per la propria capitale, che è il biglietto da visita con cui si presenta al mondo. Roma è stata ed è molto generosa con l’Italia: è tempo che l’Italia mostri la sua gratitudine verso la Capitale.
QUI E’ NATO IL DIRITTO. QUI RISORGE LA LEGALITÀ. Roma deve liberarsi del fango della corruzione e dell’illegalità. Il disonore che ha colpito la nostra città nell’essere accostata al fenomeno mafioso, culminato nello scioglimento del municipio di Ostia per “infiltrazione mafiosa” e nel processo di “Mafia Capitale”, deve essere cancellato. Immediatamente. Con una rivoluzione etica, morale, civica. L’antica patria del diritto metterà in campo tutte le risorse morali e civili per ricostruire un modello di amministrazione pubblica e di società esemplare e rigorosa nel rispettare la Legge. Il malaffare ha prosperato grazie alle procedure opache, all’emergenza istituzionalizzata, a gare mai bandite, ad affidamenti diretti ingiustificati, agli spacchettamenti degli appalti per andare “sotto soglia”, alle proroghe infinite. Tutto questo verrà spazzato via dall’applicazione delle regole per appalti trasparenti, tempi certi e pagamenti puntuali, valutando la prestazione dei dirigenti comunali soprattutto su questi parametri, premiando adeguatamente il merito e il raggiungimento degli obiettivi, ma punendo severamente l’incapacità, l’inefficienza o, peggio, la permeabilità a pratiche illecite e devianti. La corruzione si contrasta anche rendendo più facili le procedure, garantendo la trasparenza, la tracciabilità delle pratiche, la certezza dei tempi, e limitando il potere di discrezionalità degli uffici. Bisogna premiare l’efficienza facendo capire che il rispetto delle regole è un beneficio per tutti, così nessuno si vedrà costretto a dover trovare scorciatoie e dipendenti infedeli per veder riconosciuto un proprio diritto. Secondo la Corte dei Conti a Roma la corruzione pesa per 1,3 miliardi l’anno. È una tassa a carico dei romani onesti. I dipendenti pubblici hanno già l’obbligo di legge di denunciare chi commette reati corruttivi ma noi vogliamo incentivare anche il cittadino comune a farlo. Questa severità gioverà soprattutto ai dipendenti comunali per bene, che sono la stragrande maggioranza, stanchi di essere accomunati a ladri e corrotti. Chiederò direttamente al Presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, di indicare il Responsabile dell’Anticorruzione in Campidoglio, perché non voglio essere io a scegliere il mio ‘controllore’. Contemporaneamente, istituirò presso il Comune un ufficio “economia degli sprechi”: una struttura dedicata a ricevere dai cittadini segnalazioni e ad analizzare quanto e come si può risparmiare nella gestione dell’amministrazione capitolina corrente, a partire dalle consulenze. Massima trasparenza: deve essere chiaro che il Sindaco vuole essere il primo garante della legalità e dei diritti, sia dei lavoratori sia dei cittadini.
QUI NON CI SI SERVE DELLA CITTÀ: QUI SI SERVE IL BENE COMUNE. I circa 23.000 dipendenti di Roma Capitale sono troppi? Contrariamente a quanto si crede, Roma non ha un numero di dipendenti comunali superiore alla media nazionale. In proporzione ha meno dipendenti di Milano: Roma 8,8 dipendenti per 1000 abitanti, Milano 11,7 per 1000 abitanti. Così come il numero di dirigenti è in linea: 1 ogni 100 dipendenti. Anche le municipalizzate non hanno una situazione difforme da quella che si registra in gran parte d’Italia. Ma tutto questo deve funzionare molto meglio di come funziona oggi. I 23000 dipendenti diventano troppi se trasmettono l’immagine, e spesso la prassi, di una burocrazia pigra e inefficiente. Il mio impegno è quello di consegnare, alla fine del mio mandato, una macchina comunale che diventi esempio di un buongoverno realizzato, diffuso, partecipato, fondato in primo luogo sull’orgoglio dell’appartenenza dei dipendenti comunali a una grande missione collettiva. Dobbiamo evitare anche paradossi come il concorso per assumere 2000 giovani dipendenti che è stato bloccato da Marino dopo averne assunti solo 500. Altri 1500 vincitori aspettano la chiamata. Lo sblocco delle assunzioni di chi ha vinto un concorso regolare ci consentirà immediatamente di ringiovanire l’età media del personale e dare nuova energia agli uffici. Il mio sogno realizzabile è quello di trasformare una macchina burocratica spesso, e a volte ingiustamente, percepita come elefantiaca e infernale, in un esercito preparato, motivato, gratificato ed efficiente al servizio della città. Spero che prima del voto il Commissario di governo abbia dato soluzione al tema del salario accessorio, per riconoscere ai lavoratori una paga base dignitosa e una parte variabile legata al merito e alla produttività, per rendere servizi adeguati ai cittadini. Se non lo avrà fatto il Commissario, sarà mio preciso dovere onorare questo impegno. Parte del personale dell’Amministrazione, anche per il tramite dei servizi resi dalle società partecipate strumentali, verrà adibito a “facilitatore di processo” e “tutor per il cittadino”: pretendo che chiunque si rapporta all’amministrazione capitolina non debba fare più giri a vuoto, non sia più vittima di scaricabarile, non collezioni risposte contraddittorie e insoddisfacenti, non accumuli più ritardi per l’ottenimento dei provvedimenti che poi Roma Capitale è tenuta ad indennizzare quando non vengono eseguiti. La responsabilità personale dell’impiegato pubblico che raccoglie la pratica del cittadino e la segue fino a compimento è già un meccanismo diffuso in Europa e in Inghilterra c’è da 20 anni. La responsabilità individuale accelera i processi, evita lo scaricabarile e individua le mancanze. È sufficiente fare a Roma quello che già si fa in tutta Europa.
QUI SI METTE ORDINE AL ‘GRUPPO’. Il ‘Gruppo Comune di Roma’ raccoglie oltre 30.000 dipendenti in una galassia di società partecipano che distribuiscono servizi ai romani nel settore dei trasporti, rifiuti, acqua, luce e gas, musei e biblioteche, farmacie comunali, assicurazioni e tanto altro. Forse troppo: perché non sempre le attività svolte restano nel perimetro dei servizi essenziali e, soprattutto, dell’efficienza e dell’economicità. Non avrò riguardo nel sottoporre a una verifica rigorosa il loro operato, e nel tagliare i rami secchi e improduttivi, lasciando al mercato e all’iniziativa il compito di offrire servizi migliori, quando possibile, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Il primo passo che farò sarà quello di mettere ordine nella gestione di questo Gruppo, garantendo il controllo sulle spese, i costi e gli obiettivi raggiunti. Lo voglio fare realizzando finalmente il progetto della creazione della Holding, che consentirà di mettere sotto un’unica regia e direzione tutte le partecipate non quotate in Borsa, di risparmiare qualche decina di milioni l’anno in forniture e appalti, di permettere la mobilità dei lavoratori, di compensare con il consolidato fiscale crediti e debiti tributari. Efficienti e virtuose: così voglio trasformare le aziende comunali, tutto il contrario dei ‘carrozzoni’ cui siamo abituati. Quando la scadenza degli affidamenti diretti in house costringerà le aziende pubbliche a confrontarsi in gare sul mercato, come succederà ad Atac tra quattro anni, avranno la forza per raccogliere e vincere la sfida. Per tutte le società partecipate che erogano servizi a rilevanza economica (ATAC, AMA, ecc.), al momento dell’insediamento indirò una procedura per la candidatura al ruolo di amministratore unico. I candidati dovranno presentare, oltre al proprio curriculum, un piano industriale volto al raggiungimento di obiettivi minimi predeterminati dal Comune per garantire l’efficientamento del servizio pubblico e per risanare o aumentare la produttività aziendale. Il compenso dell’amministratore, così come quello del Direttore e dei Dirigenti, sarà per la maggior parte legato al raggiungimento di questi obiettivi. Il curriculum e il piano industriale saranno valutati da una Commissione i cui membri saranno attinti anche dalle forze sociali. Al Sindaco, raccolti i pareri dell’Antitrust e dell’ANAC sui piani industriali proposti, spetterà il diritto di nomina nell’ambito della rosa di idonei proposta dalla Commissione. Selezioni trasparenti e partecipate, non spartizioni e lottizzazioni. ACEA, società quotata in Borsa, resterà fuori dalla Holding, ma il metodo e l’attenzione nel controllare i costi e la qualità del servizio saranno invariati: giudicherò gli amministratori dai risultati, e il primo indicatore sarà sempre la soddisfazione dei cittadini nel ricevere acqua e luce nelle loro case e aziende a prezzi ragionevoli. Supporterò, attraverso il 51% delle azioni detenute da Roma Capitale, i progetti industriali per potenziare e rafforzare la capacità produttiva dell’azienda, la sua rete di distribuzione, e per rendere le reti elettriche e gli acquedotti più efficienti abbattendo la dispersione e gli sprechi. Nello stesso tempo sarò implacabile nel difendere i romani dai disservizi, che si chiamino ‘bollette pazze’ o lampioni spenti per settimane. Acea è un gioiello che produce ogni anno molti utili che entrano nelle casse comunali. Senza i suoi dividendi dovremmo chiedere altre tasse o diminuire i servizi erogati. Per questo vogliamo mantenere le azioni in possesso del Comune e collaborare ancora più attivamente con i soci privati per incrementarne la redditività.
QUI SI FA PULIZIA. SUBITO. OVUNQUE. Roma è un museo tramutato in stalla. Ci sono le finestre rotte, ci piove dentro, i maiali girano tra le statue e i piccioni hanno fatto il nido sui quadri. E allora oggi non è il momento di pianificare la prossima mostra o di decidere se i faretti debbano essere blu o gialli. Bisogna riparare le finestre, riparare il tetto, togliere gli animali, pulire le sale. Bisogna ripulire il museo prima di pensare al prossimo evento. Il degrado prodotto dalla sporcizia e dai cumuli di rifiuti è incalcolabile. La carenza del servizio ha alimentato nel tempo una cultura di scarso rispetto dei romani stessi per la loro città, innescando un circolo vizioso. La città è sporca, e pochi sentono il dovere di contribuire a tenerla pulita. Bisogna invertire la rotta, tornare a trattare ogni angolo di città come il salotto di casa propria. Servono strumenti e regole che eliminino ogni scusa, ogni alibi, tanto all’Amministrazione quanto al singolo cittadino: tutti quanti siamo responsabili nel tenere alti il decoro e l’immagine della nostra Capitale. Toglierò dalle strade i cassonetti, generalizzando e completando il passaggio della raccolta “porta a porta”, che consente di separare a monte i rifiuti, di trattarli con più cura e attenzione, di conferirli correttamente alle filiere del riciclo e del recupero. Ma nelle strade, nelle piazze e nei giardini voglio anche moltiplicare i cestini per non dare tregua a chi sporca: metterò in condizione i romani e i turisti di non sporcare, sarò implacabile con chi offende la bellezza di Roma. Questo vale anche per chi imbratta i muri e realizza graffiti sulle facciate di case e palazzi. I dati ci dicono che questa pratica influisce negativamente sul valore degli immobili imbrattati, che vengono deprezzati fino al 10%. Mi impegnerò personalmente per trovare spazi appositi a queste forme belle e positive di creatività urbana, ma chi imbratta dove non è consentito deve pagare, senza invocare un vago diritto alla fantasia. Per la gestione dei rifiuti la parola d’ordine è “rifiuti zero” come obiettivo strategico. Spingendo al massimo l’acceleratore con il “porta a porta”, entro il mio primo mandato conto di raggiungere il 75% di raccolta differenziata. Non è un miraggio o una promessa a vanvera. Si può fare, con la regola delle “quattro R”: riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero. Non è tutto. Ho intenzione immediatamente di potenziare gli impianti di trattamento e selezione, quello di compostaggio a Maccarese, chiudendo il ciclo dei rifiuti, senza bisogno di nuovi termovalorizzatori e smettendo di spedire a pagamento rifiuti fuori Roma: una gestione virtuosa dei rifiuti trasforma questi ultimi in una risorsa, come se fossero “materie prime” recuperate da reimmettere sul mercato. I termovalorizzatori esistenti saranno sufficienti per gestire la parte residua dei rifiuti, e la loro progressiva minore utilizzazione andrà di pari passo con la fine del loro ciclo vitale. In questo quadro, nessuna nuova discarica si renderà necessaria nel territorio comunale. A Roma la tariffa sui rifiuti, la TARI, è tra le più alte d’Italia. Oggi la Tari si basa su parametri che non c’entrano nulla con la quantità di rifiuti prodotti. Voglio introdurre il metodo della “tariffa puntuale” per legare il calcolo della Tariffa dei Rifiuti all’effettiva produzione di rifiuti indifferenziati e non alla superficie in metri quadri dell’attività o dell’abitazione. In tal modo, attuare riduzione e differenziazione dei rifiuti comporta un risparmio economico e quindi un’incentivazione per il cittadino. Tale sperimentazione può agevolmente essere introdotta per le attività commerciali ed essere poi estesa al “residenziale”, senza penalizzare i nuclei famigliari numerosi.
QUI A ROMA SI VA VELOCI. Il tempo trascorso nel traffico cittadino è la dannazione di ogni romano, un incubo quotidiano. Il sogno di una grande e capillare rete di metropolitane per abbattere tempi e costi di percorrenza, rischia di svanire di fronte alla dura realtà della complessità archeologica del sottosuolo e della fragilità architettonica della tratta centrale. Ma non è solo questo il problema: pochi sanno che l’enorme estensione di un territorio grande come le prime nove città italiane messe insieme, produce una densità media di abitanti molto bassa e rende un’opera come le metropolitane in sotterranea economicamente insostenibile. Costruire sottoterra a Roma costa di più, e lo Stato deve aiutare la città, che da sola non può farcela; la capacità media di trasporto a Roma sarà sempre inferiore alla media degli altri centri urbani, rendendo i costi del servizio comunque superiori. Si devono tagliare gli sprechi e impedire le ruberie, ma il maggior costo per fare le infrastrutture e gestire il servizio non scomparirà in ogni caso. Quella dei trasporti è una delle questioni da affrontare nel tema di Roma Capitale e delle risorse necessarie: la Regione deve effettuare i pagamenti in modo puntuale e stanziando le risorse necessarie al Trasporto pubblico romano. Meglio ancora, il Governo deve destinare quei fondi direttamente a Roma, senza l’inutile passaggio alla Regione. E servono idee chiare e impegni precisi per le metropolitane. Roma non può continuare ad avventurarsi nella loro difficile costruzione senza il sostegno convinto del Governo nazionale, che deve garantire i finanziamenti e un percorso veloce nelle autorizzazioni: una volta deciso e concordato un tracciato, solo ritrovamenti archeologici assolutamente eccezionali possono rimetterne in discussione la realizzazione. Altrimenti, meglio pagare il prezzo di qualche sacrificio nel patrimonio inesplorato del sottosuolo, ben ripagato dall’enorme beneficio ambientale e di tutela che deriva dalla sostituzione di milioni di spostamenti in automobile e dal minor inquinamento prodotto. Il centro storico più esteso e importante del mondo, finalmente pedonalizzato nella sua larga parte e perfettamente raggiungibile con i mezzi pubblici, avrà monumenti e palazzi storici finalmente salvi dallo smog e dagli scarichi. Per questo va completata la Metro C fino a Piazza Venezia il prima possibile, rendendo sostenibile la pedonalizzazione dei Fori imperiali, fino a oggi solo un maldestro spot propagandistico, e proseguire fino a Grottarossa solo con fondi garantiti dallo Stato e tempi certi. Vogliamo anche realizzare i prolungamenti già in avanzata fase di progettazione delle linee esistenti (verso Casal Monastero, Porta di Roma, Castel di Leva, Romanina-Tor Vergata e Casalotti). Le risorse si troveranno anche mediante il coinvolgimento dei privati con la finanza di progetto, seguendo l’esempio dell’ultima metropolitana di Milano. In parallelo, intendo favorire lo sviluppo della rete tramviaria e delle modalità innovative che garantiscono una capacità di carico molto più ampia della gomma, e costi di costruzione dieci volte inferiori alle metropolitane “pesanti”. Alla fine del mio mandato voglio consegnare ai romani una rete di trasporto pubblico moderna e veloce, affiancata dal potenziamento delle nuove modalità di trasporto, car e bike sharing, che non devono fermarsi nella città storica, ma servire tutto il territorio comunale. Chi vuole offrire e gestire questo servizio a Roma, deve garantirlo a tutti i romani. Soprattutto nella periferia estrema, dove la rete del trasporto pubblico non può coprire capillarmente il territorio, questi mezzi diventano indispensabili per garantire il diritto alla mobilità e fungere da vere e proprie navette verso i principali nodi di scambio. Va aumentata la velocità e la frequenza dei mezzi, proteggendo meglio le corsie preferenziali e istituendone di nuove (soprattutto per le linee Express, che vanno potenziate), realizzando piattaforme di smistamento-merci fuori dal centro abitato per evitare che i mezzi pesanti entrino nella fascia verde, incrementando bus e navette elettriche per collegare nodi di scambio e abbattere gli agenti inquinanti. Riprenderò il Piano Quadro della ciclabilità, realizzando le opere e i percorsi previsti per garantire alle migliaia e migliaia di romani che intendono farlo il diritto di poter scegliere questo meraviglioso mezzo di trasporto per i loro spostamenti quotidiani: che non deve essere il vezzo di pochi privilegiati, ma un vero e proprio, sicuro, mezzo di trasporto ecologico. Per completare il nostro lavoro, metterò la parola fine alla telenovela della chiusura dell’anello ferroviario. L’amministrazione comunale ha fatto il proprio dovere individuando il percorso per liberare le aree del percorso ferroviario: ora le Ferrovie facciano il loro dovere e completino il tracciato, che garantirà in 20 minuti l’attraversamento della città da un capo all’altro. E, insieme alla chiusura dell’anello a Nord, costruiscano la Gronda sud (da Ponte Galeria a Pomezia) che libererebbe il tracciato urbano dai treni merci. Solo così l’anello ferroviario diventerà un vero treno metropolitano, con frequenze elevate e spostamenti affidabili e puntuali. Il Sindaco farà tutto quello che è in suo potere per far completare gli interventi. L’efficienza nel trasporto pubblico si recupera anche combattendo l’evasione, con nuovi tornelli non scavalcabili nelle metropolitane, l’incremento dei controllori e il ripristino del bigliettaio nelle linee di maggior frequentazione. Azzerare l’evasione vuol dire aumentare la sicurezza e il decoro sui mezzi pubblici. Aumentare la sicurezza e il decoro sui mezzi pubblici vuol dire far aumentare il numero di passeggeri e quindi il numero di biglietti venduti. Bisogna aumentare le corsie preferenziali, che aumentano la velocità commerciale e aiutano il servizio taxi e Ncc: aumentando la velocità degli spostamenti e la loro puntualità, si incrementa il servizio senza bisogno di aumentare il numero dei mezzi e delle licenze. Bisogna anche potenziare i parcheggi di scambio gratuiti per i possessori della tessera Metrebus: molte stazioni potrebbero raddoppiare i loro posti auto, basta fare una piccola variante al Piano regolatore e affidare lavori in concessione a costo zero per le casse comunali. Il mio obiettivo generale sui trasporti è quello di trasferire il più possibile – secondo standard davvero europei – gli spostamenti dal mezzo privato a quello pubblico. Ma voglio farlo convincendo i romani a cambiare abitudini perché scopriranno che è più comodo ed economico, senza vessazioni o provvedimenti inutilmente punitivi. Spostarsi “velocemente” non è solo un problema “fisico”. Roma, come tutta Italia, è enormemente indietro sul versante della connettività e dell’alfabetizzazione digitale. Gli ultimi studi commissionati dall’Unione Europea sullo stato della banda internet sono impietosi: a fronte di un costo di connessione sopra la media, il servizio che viene reso è altamente al di sotto. Soltanto una piccola parte delle connessioni conosce e sfrutta lo standard europeo dei 100 Mega. C’è poi da aggiungere che alcune zone di periferia sono ancora in divario digitale, ovvero non hanno una connessione internet Adsl e sfruttano le connessioni mobili, ovvero le chiavette vendute dagli operatori. Il mio progetto è di implementare e sviluppare l’infrastruttura del WIFI metropolitano, per far sì che entro il primo anno di mandato quei quartieri che ancora non hanno una connessione internet degna di questo nome possano essere raggiunti da un servizio innovativo e di altissimo livello. Lo stesso livello che voglio mettere a disposizione di tutti i romani entro i cinque anni di mandato tramite una nuova infrastruttura, elevando lo standard della connettività a livelli europei e dando dei servizi degni di una Capitale moderna.
QUI ROMA SI RIGENERA: NELLA BELLEZZA. La mia politica sarà passare dall’espansione senza anima della metropoli alla sua rigenerazione urbana. Il settore dell’urbanistica, tradizionale volano economico della Capitale, vive da anni una crisi non solo economica ma anche di identità. Occorre un rilancio che sappia però fare i conti con la necessità di passare da una fase di mero consumo di territorio, priva di una logica organica di pianificazione – quella che, per capirci, ha dato vita ad anonimi quartieri dormitorio oggi pieni di case invendute o sfitte – a una nuova fase di rigenerazione urbana, ricucitura e riassetto diffuso dei quartieri, periferici e non. Il Piano regolatore generale approvato dalla Giunta Veltroni è nato già morto e superato otto anni fa: necessita quindi di una revisione generale, ma non perderemo tempo in dispute accademiche e procedure infinite per farne uno nuovo da capo. Non ci possiamo permettere il lusso di tenere la città bloccata altri anni. Con l’Assemblea capitolina approveremo un Piano strategico di indirizzo e, a seguire, le modifiche puntuali per attuarlo, così come semplificheremo le norme tecniche di attuazione e il Regolamento edilizio. Nel Piano strategico indicheremo le priorità per lo sviluppo della Capitale: decentramento delle funzioni direzionali per liberare il centro storico e valorizzare le periferie, rigenerazione del tessuto urbano attraverso lo strumento della sostituzione edilizia, risanamento urbanistico delle ex borgate abusive, sviluppo della vocazione turistica del litorale. Riprenderò i progetti di trasformazione di Corviale e Tor Bella Monaca, come primi esempi per restituire bellezza a tutta la città. Sogno una Roma nella quale Tor Bella Monaca sia bella come Trastevere, e dove il modello di quartiere “popolare” somigli ovunque a Garbatella, San Saba e Monte Sacro. Cento anni fa i poveri delle case popolari o i lavoratori che si costruivano le case in cooperativa, andavano a vivere in “città-giardino”: possiamo farlo anche oggi. Come metodo, demoliremo il brutto per costruire e portare il Bello. Costruiremo le nuove case, più belle e moderne, nelle aree libere, poi demoliremo i vecchi e fatiscenti fabbricati, al posto dei quali sorgeranno quelli nuovi, e così via. Un processo graduale di trasformazione e riqualificazione, condotto insieme ai privati grazie ai premi di cubatura, senza “deportazioni” o case-albergo temporanee. Oltre ai programmi su vasta scala, mi spingerò fino a interventi di “microchirurgia urbana” per demolire il brutto e l’anonimo e ricostruire con incentivi il bello, trasformando i quartieri con senso estetico e funzionalità dei servizi. Solo così l’abusato concetto della città policentrica potrà essere concretizzato. Per accrescere il senso della comune identità culturale e della pari dignità di ogni luogo della città, chiederò alle Soprintendenze di collaborare per allestire nell’intero territorio comunale spazi museali dove esporre parte di quel patrimonio artistico che giace negli scantinati, o di utilizzarlo – quando compatibile – per decorare piazze, fontane, giardini e spazi pubblici. Rilancerò, inoltre, i programmi di valorizzazione del patrimonio pubblico abbandonati dalla Giunta Marino: riconversione delle caserme, depositi Atac e altre strutture pubbliche in disuso, non dimenticando le aree private dismesse (zone industriali e commerciali), relitti urbani che degradano il territorio e spesso ospitano una città sommersa e illegale. Per il centro storico servono politiche di rispetto del patrimonio monumentale e di restauro, nonché l’attuazione del piano del colore e dei prospetti.
QUI SI FA IL PIU’ GRANDE MUSEO DEL MONDO Ma, soprattutto, voglio riprendere un’ispirazione che ha per decenni ispirato la migliore cultura urbanistica romana: dagli anni Sessanta a oggi, l’idea-guida di trasferire ministeri e uffici centrali dal centro storico per alleggerirlo da funzioni e pesi insostenibili si è praticamente arenata. Senza una forte volontà politica non ci sarà mai un’accelerazione spontanea lungo questa strada. Io sogno una città in cui i principali ministeri, quelli che attirano migliaia di dipendenti in blocco nelle ore di punta, provocando il collasso della mobilità, vengano trasferiti in aree servite da metropolitane e ferrovie urbane, dotate di parcheggi e connessioni. Al loro posto, nel centro storico, spazio a musei, gallerie, alberghi e a un ritorno della residenzialità, senza la quale una città diventa uno spazio morto, una quinta scenica senza vita né calore. Penso in particolare all’asse che parte dal Quirinale e arriva, lungo via XX Settembre, alla breccia di Porta Pia: liberato dai ministeri (Difesa, Finanze, Agricoltura) e da parte degli uffici della Presidenza della Repubblica, può diventare il più grande sistema museale del mondo, che racconti la storia e la cultura italiana attraverso i luoghi simbolici della sua memoria. Come Sindaco darò il buon esempio, realizzando il progetto del Grande Campidoglio, spostando gli uffici amministrativi nella nuova sede a Ostiense e restituendo i palazzi storici del Campidoglio e di via de’ Cerchi alla loro vocazione naturale.
QUI LA PERIFERIA E’ UN ALTRO CENTRO. Se darò la meritata attenzione alla tutela del centro storico, altrettanta passione dedicherò al recupero della periferia. Le periferie sono un enorme potenziale inespresso per Roma e noi dalle periferie vogliamo partire: anzi, ripartire. Se nei quartieri di edilizia pianificata e popolare la ricetta è – come già detto – la sostituzione edilizia, nelle ex borgate abusive completerò l’approvazione di tutti i piani particolareggiati e dei toponimi (fermi da tre anni), avvalendomi dello straordinario patrimonio di partecipazione e competenza messo in campo dai consorzi dei cittadini, che attendono dall’amministrazione decisioni chiare. Come quella sul condono edilizio: è una vergogna che a trent’anni dal primo condono ci siano ancora più di 200.000 pratiche inevase che attendono risposta. Metterò in campo misure eccezionali che nel giro di due anni smaltiranno tutto l’arretrato, sbloccando la riqualificazione e facendo incassare alle casse comunali almeno mezzo miliardo di euro da reinvestire in strade, fogne, scuole, servizi e illuminazione pubblica. Nelle nuove edificazioni, la realizzazione delle opere a scomputo nei tempi previsti sarà garantita anche con il costruito, che potrà entrare nella immediata disponibilità dell’Amministrazione in caso di urbanizzazione primaria incompleta o mal eseguita. Niente più vendita di nuove case in costruzione se prima non vediamo strade, piazze, parcheggi, giardini, fogne e illuminazione realizzati a regola d’arte. Non solo. Voglio permettere a chi si organizza in comitati, associazioni o cooperative no profit, dove gli utili vengono riconvertiti in servizi alla comunità, di beneficiare di un’area pubblica per dare vita ad attività commerciali a costo zero in cambio di servizi per l’amministrazione capitolina, come la manutenzione dell’area e l’organizzazione di eventi per il quartiere in cui operano queste realtà. In questo modo si può produrre ricchezza in zone tendenzialmente a basso reddito. Un’attenzione nuova e specifica offrirò agli ottocentomila romani che abitano fuori dal Raccordo Anulare; un tempo distesa di campi, cintura verde a protezione della città consolidata, oggi quel territorio è abitato da quasi un terzo dei residenti della Capitale, e in molti punti si è ormai saldato con i comuni della cintura. Bisogna ripensare l’intera rete dei servizi e della mobilità, per non lasciare isolati dal cuore di Roma buona parte dei suoi abitanti. Si devono garantire, dovunque sia possibile, percorsi pedonali e ciclabili per attraversare la “barriera” del GRA, che in molti punti costituisce una separazione fisica, tra “dentro” e “fuori” la città, invalicabile e pericolosa.
QUI A ROMA LA CASA NON PUO’ ESSERE UN PRIVILEGIO. L’emergenza alloggiativa può, deve, essere superata. Nel medio-lungo termine, una quota di case popolari da affidare al Comune sarà obbligatoriamente riservata in ogni lottizzazione: chi vuole costruire a Roma, dovrà in cambio dare una piccola quota di alloggi. Le famiglie povere e bisognose non saranno confinate in ghetti, ma inserite nel tessuto sociale della città. Nell’immediato, sarò inflessibile contro occupanti abusivi e privilegiati: una gestione sana del patrimonio comunale consente di assegnare mille alloggi all’anno a chi è in graduatoria e ha diritto alla casa, invece delle attuali cento assegnazioni l’anno. Saranno venduti alle famiglie in regola che li abitano 30.000 alloggi comunali: almeno il 90% di loro è pronto ad acquistarle, chi non può farlo resterà tranquillamente al suo posto. Ma con i soldi incassati e con quelli risparmiati dalle manutenzioni saranno costruiti nuovi alloggi o direttamente comprati sul mercato: oggi Roma è piena di immobili sfitti e invenduti, e la crisi economica ha anche fatto abbassare i prezzi. Ci sono le condizioni ideali per reperire a un costo ragionevole le case che mancano per dare alle migliaia di famiglie in difficoltà il tetto che meritano. E lo farò privilegiando il meccanismo della “casa a riscatto”: chi paga regolarmente l’affitto e ne cura la manutenzione, acquista gradualmente la proprietà, fino a riscattarla al termine del percorso. Le famiglie povere, così, fanno un passo verso l’indipendenza e l’autonomia ed escono dal bisogno, mentre il Comune reinveste i fondi in nuovi acquisti, in un circolo virtuoso che vede case popolari sempre nuove e moderne, e cittadini che per soddisfare un bisogno primario non sono costretti a violare la legge, magari pagando il “pizzo” ad associazioni criminali che lucrano sui bisogni dei più deboli.
QUI A ROMA SI RIPARANO STRADE, NON SI FINANZIANO OPERE INUTILI. Roma era famosa nel mondo per la bellezza e la solidità delle sue strade, oggi è famosa per le sue strade dissestate e piene di buche. In alcune zone Roma sembra un paesaggio lunare, con l’asfalto forato da crateri e voragini. La situazione è intollerabile, indecorosa, incivile, umiliante sia per i cittadini sia per chi dovrebbe governarli con onore. Secondo il Dipartimento Lavori pubblici del Comune, più di un terzo delle strade della grande viabilità è pericolosa per automobilisti e motociclisti. Secondo una stima dell’Acer, per rimettere in sesto il patrimonio viario della Capitale servirebbe un investimento di 250 milioni l’anno per 5 anni. Dopo, per la manutenzione ordinaria, basterebbero 100 milioni l’anno. È quanto Rutelli e Veltroni hanno speso per due opere ancora incompiute come la Nuvola di Fuksas (400 milioni) e le Vele della città dello sport di Calatrava (650 milioni il costo finale calcolato a oggi). Nessuna opera faraonica sarà finanziata fin quando non si risolverà il problema, anzi lo scandalo delle buche di Roma. No a vele, piramidi, astronavi. Prima le strade. Vogliamo coinvolgere risorse private: far “adottare” le strade ad alcuni grandi marchi privati che si faranno carico del rifacimento in cambio di pubblicità, o alle associazioni di commercianti che si occuperanno di rimetterle a posto in cambio di concessioni. Voglio ridurre gli appalti pubblici e quindi la spesa pubblica sostituendo l’appalto, ogni qual volta ciò sia sostenibile, sia per i lavori sia per i servizi, con la concessione in finanza di progetto o altre forme di partenariato. La finanza di progetto sostituisce l’appalto pubblico ponendo in capo al privato iniziativa, investimento, gestione del servizio o dell’opera pubblica e quindi rischio d’impresa, lasciando al Comune solo il compito di controllo e di garanzia sui livelli qualitativi e sulle condizioni di accessibilità ai servizi. Per fare in modo che il manto stradale di Roma torni a essere un gioiello invidiato nel mondo e non un pericoloso colabrodo.
QUI A ROMA IL VERDE SI FRUISCE, SI AMA, SI RISPETTA. Roma è la capitale europea con la maggiore estensione di verde pregiato tra parchi, giardini pubblici e privati, pinete, ville storiche, alberate e aree agricole. Questa incredibile potenzialità deve fare i conti con le difficoltà di manutenzione e il caos sui vari organi ed enti titolari della gestione. Dal punto di vista dell’attribuzione delle competenze alla Capitale, si deve pretendere che a Roma sia riconosciuta la competenza sulle riserve naturali comprese nel suo territorio, oggi gestite dalla Regione tramite Roma Natura, con le relative risorse affinché si attuino celermente i piani di assetto e di utilizzo delle stesse, che devono diventare polmoni verdi della capitale aperti alla fruizione dei cittadini e non, come spesso accade oggi, aree verdi abbandonate al degrado ed all’insicurezza. Affiderò dunque ai municipi le competenze sul verde di quartiere lasciando a Roma Capitale unicamente quella sulle ville storiche e sui parchi di rilevanza cittadina; bisogna approvare il regolamento sul verde urbano definendo, tra le altre cose, un piano sulle alberature e la concezione delle aree verdi come elemento di arredo urbano da progettare prima e difendere poi. Per la gestione del verde deve prevalere, come altrove, il principio della sussidiarietà, favorendo l’adozione del verde da parte dei cittadini e la realizzazione di bandi per la gestione del verde che l’amministrazione pubblica non riesce a curare. Roma deve essere avanguardia anche sul tema del risparmio energetico e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili; si deve riprendere, aggiornare e attuare il Piano di azione per energia e sostenibilità approvato dalla giunta di centrodestra sulla base del masterplan ideato da Jeremy Rifkin: attenzione all’uso dei materiali isolanti ed ecologici nell’edilizia, utilizzo del fotovoltaico, forestazione all’interno delle aree verdi, incentivazione alla mobilità dolce e sostenibile, incremento dell’utilizzo dell’illuminazione a led, vera garanzia di risparmio energetico e di minore inquinamento. Sono tutte buone pratiche che possono produrre un beneficio reale per la salute dei cittadini. Una città amica degli animali incentiva i progetti di adozione dei cani e gatti oggi in canili e gattili, mette fine alla pratica degli affidamenti diretti per la loro gestione, promuove efficaci campagne estive anti abbandono, realizza un “albo dei volontari” per attivare le tantissime persone interessate al benessere degli animali.
QUI A ROMA SI VIVE SICURI. La sicurezza è una prerogativa del Governo, ma anche un Sindaco può fare molto per rendere sicura la città. A cominciare dal presidio del territorio, per evitare di ritrovarci nella nostra Capitale di fronte a “zone franche” prive di ogni forma di controllo e di legalità. Controllare il territorio significa combattere il degrado, il caos, imporre a tutti il rispetto delle regole, ma anche aver chiaro che è fallito il modello di integrazione cosiddetta “multiculturale”: credere che per rispettare qualcuno devi consentirgli di fare quello che vuole. Non si può fare. Se la tua cultura è contraria alle mie regole, al mio diritto, alla mia civiltà millenaria, o modifichi la tua cultura e lasci che davvero la Capitale possa accoglierti, offrendo e chiedendo rispetto, o non c’è posto per te. Il terrorismo internazionale di matrice islamista ha tra i suoi obiettivi la nostra città. Dobbiamo garantire il controllo dei centri culturali islamici. I centri di preghiera non riconosciuti vanno chiusi. A Roma ci sono almeno 14 moschee riconosciute, in pratica una a municipio: non c’è alcuna ragione di aprire una moschea negli scantinati o nei garage condominiali. A Roma la libertà di culto deve essere garantita fino in fondo a tutti, ma nel rispetto della legalità. Bisogna poi farla finita con le occupazioni abusive, con le zone franche dove lo Stato e il comune non entrano. Lo dico chiaramente: chi non intende rispettare le regole non voti per me, perché sarò il loro peggior nemico. Roma ha un problema di illegalità diffusa, grande e piccola, che deve finire. Tanti fenomeni concorrono a rendere insicuri i cittadini romani. Dalla prostituzione all’accattonaggio, dall’abusivismo allo spaccio diffuso (soprattutto nei quartieri della “movida”). Per la prostituzione, le ordinanze emesse in passato sono del tutto inefficaci se il Parlamento non le darà seguito con l’approvazione di una legge che vieti la prostituzione in strada. Per altre questioni, come l’accattonaggio, il rovistaggio nei cassonetti, l’abusivismo commerciale basta avere il coraggio di far applicare le leggi vigenti, smettendola di girarsi dall’altra parte. Tra le prime delibere che porterò all’approvazione dell’Assemblea Capitolina ci sarà quella per il nuovo Regolamento dei Campi Nomadi, oggi distese di baraccopoli e ricettacoli del degrado. La proposta prevedrà lo status di nomade al massimo per il soggiorno di sei mesi in una apposita zona attrezzata e controllata, passati i quali i finti nomadi saranno trattati da cittadini come chiunque altro e non sarà loro consentito di soggiornare in questi ghetti diffusi. Chi non vorrà collaborare, rifiutando di integrarsi, mandando i figli a mendicare o dedicandosi ai furti in appartamento, non potrà avere cittadinanza a Roma: chiederò alla magistratura un sostegno forte per imporre il rispetto delle leggi e la tutela dei minori, spesso le prime vittime di certi comportamenti delinquenziali. E a proposito di mendicanti, voglio dire in modo chiaro che a Roma non sarà più tollerato l’accattonaggio come nuova forma di schiavismo e sfruttamento nelle nostre strade. Nella capitale d’Italia e nella capitale del cristianesimo non c’è nessuno che debba patire la fame o il freddo o che debba dormire sotto un ponte. Ma non siamo più disposti a farci prendere in giro da falsi mendicanti o da organizzazioni criminali che sfruttano i bambini, i disabili o i poveri vecchi come nuovi schiavi. I bambini costretti a chiedere l’elemosina saranno aiutati e i loro genitori denunciati, i mendicanti veri saranno aiutati, quelli fasulli saranno espulsi. Il giro di vite che intendo compiere riguardo a questi fenomeni, proliferati negli ultimi anni, sarà duro e risolutivo. Il compito di un’amministrazione comunale è anche quello di eliminare degrado e disagio nelle zone periferiche della città, creando luoghi d’incontro e di aggregazione, attività formative, ludiche, sportive e culturali per fare in modo che i più giovani non si sentano abbandonati o estranei alla città ma parte di essa. In questo programma per una città sicura, fondamentale sarà il ruolo della Polizia Municipale; provengo da una cultura che fa del rispetto di chi indossa una divisa un obbligo civile. Per questo, metterò gli agenti nelle condizioni di rispondere ai bisogni e alle aspettative dei cittadini, affrontando e risolvendo tutti i problemi legati alla riorganizzazione del servizio, alla valorizzazione delle competenze interne e alla dotazione dei mezzi. La Protezione Civile di Roma Capitale potrebbe essere una vera forza per l’Amministrazione ma ad oggi ancora non c’è un regolamento approvato per il riconoscimento della figura degli operatori di Roma Capitale, ed è necessario rinnovare il Piano di Protezione Civile. Istituire il ruolo di operatore della Protezione Civile di Roma Capitale, dotare il servizio dei mezzi e delle attrezzature necessarie, nonché di una sala operativa adeguata con le dovute strumentazioni, valorizzare il rapporto con i volontari delle tante associazione di protezione civile presenti nella città saranno le mie priorità.
QUI A ROMA I BIMBI E LE FAMIGLIE SONO PROTAGONISTI. Voglio mettere la famiglia al centro delle politiche sociali del Comune di Roma, con politiche non solo di sostegno, ma di anche di incentivazione. Voglio rendere operativo il principio del quoziente famigliare in tutte le forme di accesso al welfare e in tutte le tasse e tariffe comunali, per aiutare le famiglie numerose, monoreddito, monoparentali, con figli, con anziani e disabili a carico. Secondo un principio semplice e di giustizia: maggiore è il numero di persone che vivono con un determinato reddito, minore è la quantità di tasse che si devono pagare. Il principio del quoziente familiare deve valere soprattutto per l’accesso e le tariffe degli asili nido. E a tal proposito, non mi darò pace fino a quando un solo bambino sarà costretto a restare fuori dagli Asili Nido o dalle Scuole dell’Infanzia. E fino a quando le scuole che ospitano i nostri figli non saranno tutte messe a norma. L’arretratezza della nostra Nazione tiene ancora fuori dall’obbligo scolastico la fascia da 0 a 6 anni, scaricando sui Comuni e le famiglie l’onere di garantire tali servizi. Io sono convinta che gli asili e le scuole dell’infanzia debbano rientrare nella competenza dello Stato e quindi nel ciclo di educazione e formazione del bambino. Per raggiungere l’obiettivo procederò a più tappe: espandere e potenziare l’attuale sistema di servizio nido misto pubblico-privato, prevalentemente attraverso la formula delle concessioni e delle convenzioni con i privati; vincere sul versante del servizio pubblico la sfida della razionalizzazione, mantenendo tale settore ed ergendolo a modello pedagogico di qualità a cui deve parametrarsi il sistema convenzionato e in concessione; rendere più flessibili e coerenti con gli attuali ritmi lavorativi gli orari scolastici; introdurre dei voucher famiglie, già sperimentati per accedere ad uno sconto delle tariffe dei nidi privati, che permetteranno alle famiglie in lista di attesa di poter accedere alle scuole dell’Infanzia Paritarie e private. Creerò inoltre un Albo di Baby sitter adeguatamente reclutate, formate dal Dipartimento competente di Roma Capitale. In coerenza con la delibera “Roma città famiglia”, accantonata da Marino, che vedeva l’impegno di tutti gli Assessorati a promuovere politiche di sostegno alle famiglie, sperimenterò nuovi servizi e formule da affiancare alla rete nido esistente, come gli “asili nido familiari”: una neomamma con un figlio tra i 0 e i 6 anni può accudire in casa, oltre a suo figlio, altri tre bambini in età da asilo o da scuola dell’infanzia. Un sistema che può rendere il nido decisamente meno costoso sia per la famiglia sia per il Comune, aiutando le neomamme anche sotto il profilo occupazionale. Il tutto all’interno del rilancio di un “Piano regolatore dell’infanzia” che metta a sistema le risorse di Roma Capitale per dare risposte in ogni angolo di città alle famiglie romane e in particolare alle donne lavoratrici. Garantirò l’accessibilità ai nidi, per i quali la sinistra ha triplicato le tariffe facendo così fuggire le famiglie, e l’esenzione totale dalla retta del nido dal terzo figlio in poi. Voglio infine evitare che troppe famiglie romane vengano sistematicamente superate nelle graduatorie da soggetti appena arrivati, che a volte riescono a documentare situazioni di povertà del tutto fittizie. La nostra proposta è che nell’accesso a tutti i servizi sociali del Comune (asili nido, case popolari, ecc.) sia attribuito un punteggio in più a chi risiede nella città metropolitana di Roma da almeno 5 anni, italiano, europeo o extra comunitario che sia. Serve per evitare che i romani bisognosi siano sistematicamente scavalcati nelle graduatorie dagli stranieri appena arrivati a Roma. Non c’è discriminazione, solo giustizia sociale. Il nostro impegno accompagnerà i nostri bambini anche nelle scuole, dove faremo vera “Buona scuola” offrendo progetti di qualificazione dell’offerta formativa: sulla storia di Roma, con i progetti della Memoria e del Ricordo, sullo sport, sulla fruibilità del polo museale e artistico della nostra città, così come rilanciando la qualità delle nostre mense per valorizzare e riprodurre la dieta mediterranea con i menù regionali, ed evitando di sprecare energie e risorse in promozioni ideologiche come l’assurda propaganda gender che ha cominciato a diffondersi in alcuni contesti scolastici. Apriremo davvero le scuole durante l’estate, riproponendo progetti di sostegno alle famiglie. Promuoveremo vera integrazione sia per gli stranieri sia per i rom, affidando i fondi alle scuole che sapranno tradurli in obiettivi concreti e non in assistenzialismo. Eviteremo ghetti sostenendo vera integrazione e scambio, come nei quartieri con alta concentrazione di stranieri, applicando le direttive ministeriali di comporre le classi con equa presenza di nativi italiani e stranieri.
QUI A ROMA I SERVIZI SOCIALI FUNZIONANO. Le politiche sociali del comune di Roma devono essere rimesse al servizio dei più deboli e non di chi ha avuto la criminale spudoratezza di rubare sulla loro pelle. Le cooperative sociali vanno fortemente ridimensionate: incarichi solo per piccoli importi, nessun monopolio, stop agli affidamenti diretti e alle proroghe ingiustificate. Basta con la vergogna di strutture e persone che hanno lucrato e rubato sulla pelle dei più deboli. Saremo spietati, perché non c’è nulla di più ignobile nel rubare su un disabile, un anziano, un bisognoso. Prevenire è meglio che curare. Bisogna intervenire prima che il disagio si manifesti, piuttosto che lavorare sempre rincorrendo l’emergenza. Per questo bisogna implementare la rete dei servizi di prevenzione e unificare le strutture che lottano contro tutte le dipendenze per occuparsi non solo delle dipendenze tradizionali, ma anche delle nuove: come il gioco d’azzardo patologico, i disturbi alimentari, ecc. Esiste nella Capitale una città nella città. Quella delle circa 150.000 persone con disabilità e delle loro famiglie. Sono persone che vivono la loro esistenza in continua emergenza perché vittime di provvedimenti delle passate amministrazioni che gli hanno erogato servizi e preso provvedimenti economici a singhiozzo. Questa precarietà distrugge il loro vivere quotidiano. Mi impegnerò in prima persona affinché Roma sia la capitale dell’accessibilità e della fruibilità. Un marciapiede accessibile, i mezzi di trasporto accessibili, sono importantissimi per le persone disabili ma anche per tutti gli altri cittadini. Basti pensare all’anziano, a chi vive una disabilità temporanea, alle donne in gravidanza o con un bambino piccolo. La famiglia ricopre un importante e insostituibile ruolo civile come luogo di nascita, sviluppo, formazione e cura della vita umana dal concepimento al fine naturale; per questo, oltre a incentivare politiche per la natalità, sarà fondamentale promuovere forme di sostegno legate allo svolgimento della naturale attività di assistenza alla persona. Nel campo dell’assistenza ai disabili darò la possibilità di scegliere tra assistenza diretta e indiretta cercando di favorire al massimo la scelta della famiglia. Proporrò, anche nei confronti della Regione (che ha le deleghe per la Sanità), l’introduzione di uno strumento volto a riconoscere il contesto famiglia come spazio ideale per la cura delle persone rese fragili dall’età, dalla disabilità, dalle malattie terminali e dagli stati vegetativi, ma che non scarichi totalmente sulla famiglia il peso economico e materiale delle cure. Un fondo che fornisca buoni spendibili alle famiglie presso strutture accreditate, pubbliche e private, e detrazioni fiscali o riduzioni tariffarie alle famiglie che preferiscano le cure domiciliari all’ospedalizzazione. Roma sarà la città della cultura e del tempo libero accessibile. La nostra città è piena di locali che non hanno un bagno accessibile o, ancora peggio, hanno una toilette in fondo ad una scala magari a chiocciola. Roma è la capitale della cultura ma troppi monumenti restano inaccessibili. Favorirò con un lavoro di concerto con la Sovrintendenza capitolina l’accessibilità di tutti i luoghi di cultura creando anche delle guide specializzate per i diversi tipi di disabilità (fisica, psichica, sensoriale).
QUI A ROMA SI FA L’IMPRESA. IL “MADE IN ROME”. La rete dei mercati rionali di Roma Capitale è una delle più ricche d’Italia. Rappresenta un patrimonio commerciale incommensurabile per la città: ho iniziato la mia campagna elettorale visitandoli uno per uno, immersa nella meravigliosa umanità e nella bontà dei prodotti freschi che garantiscono. Sul territorio del Comune di Roma sono presenti circa 66 mercati in sede propria che ospitano quasi 4000 banchi. È una rete valida in termini di offerta commerciale e per la tenuta sociale dei quartieri, anche se la trasformazione delle abitudini commerciali e del tessuto urbano della città pongono dei problemi che vanno seriamente affrontati con l’intera categoria. Voglio aprire nuovi mercati in zone di recente urbanizzazione, piuttosto che favorire la nascita di altri Grandi Centri Commerciali, che stanno provocando in molti casi la desertificazione commerciale d’interi quartieri. Penso sia più utile sostenere i Centri Commerciali Naturali (le grandi Vie del commercio romano come Via Appia, Via Tuscolana, Viale Marconi, Viale Europa, ecc.). La rete dei mercati offre anche uno sbocco diretto per l’agricoltura romana, garantendo una filiera corta che è garanzia di qualità. Roma è il primo comune agricolo d’Europa, e questa vocazione dovrà essere valorizzata, rilanciando le aziende agricole comunali, riprendendo il piano di recupero degli immobili rurali, tutelando le aree agricole dall’espansione edilizia. Senza dimenticare il fenomeno della contraffazione: una pianta velenosa dalle radici profonde, basata sull’illegalità e sullo sfruttamento, da sradicare in fretta. Il mercato della contraffazione è un’attività delle grandi organizzazioni criminali che sfruttano l’immigrazione clandestina per la produzione e la distribuzione di prodotti contraffatti. Dietro i venditori ambulanti abusivi si nascondono e lucrano imprese camorristiche e malavita organizzata. Per troppo tempo si è sottovalutato il problema, un errore che non farò: stroncheremo questa pratica pericolosa e odiosa contrastando la filiera sin dalla sua origine, andando a scovare con controlli e attività investigativa le zone di produzione e provenienza dei materiali, e le zone di stoccaggio e distribuzione a Roma. La Fiera di Roma non può morire nel degrado e nel lento abbandono che la sta spegnendo. Una grande capitale deve avere uno spazio espositivo degno del suo peso sociale, culturale ed economico. Il suo rilancio passa necessariamente per la valorizzazione della vecchia Fiera sulla Colombo; presentare un progetto sostenibile di trasformazione, che garantisca adeguate entrate per coprire i mutui contratti, rispettando la qualità della vita del quartiere, è possibile ed è quello che faremo. Voglio individuare un’area in cui far sorgere un distretto, il Roma Style District, al cui interno ospitare laboratori, scuole di formazioni, musei, negozi, in un progetto più ampio di riscoperta dell’Artigianato locale, uno dei punti di forza di Roma, con eccellenze ammirate in tutto il mondo. Realtà di antica tradizione, in cui il mestiere viene tramandato di generazione in generazione e incastonato sulle facciate dei palazzi con vie dal nome indicativo delle arti lì lavorate nel tempo. Quale altra città al mondo ha un centro storico screziato di strade dai nomi quali Via dei Giubbonari, Via dei Sediari, Via dei Cestari, Via dei Leutari e Via dei Vascellari, giusto per fare alcuni esempi? Quale altra città può vantare un grande numero di eccellenze nei settori della sartoria, dell’oreficeria, del design, dell’arte cosmatesca e anche della cucina? Forse nessuna. Ma il settore artigiano romano è da tempo in crisi, perché non adeguatamente stimolato e supportato dalle istituzioni. Per questo sosterrò la nascita di mercati artigianali rionali che, al pari dei farmer’s market, offrano la possibilità di acquistare prodotti “a chilometro zero” frutto della sapienza e della creatività del nostro territorio. Per questo mi farò portavoce e raccordo con le forze sociali e le associazioni di categoria per creare il marchio internazionale “Made in Rome”, in grado di raggruppare tutte le eccellenze romane e utilizzare la nuova Fiera di Roma come vetrina collettiva per l’esposizione e l’internazionalizzazione delle nostre produzioni. Convogliare in questo distretto le varie anime della qualità capitolina, partendo da sartoria, moda, oreficeria, gioielleria, architettura, design e buona cucina, attraverso l’utilizzo, a livello tematico, dei padiglioni con laboratori, scuole di formazione, centri espositivi e sperimentali, spazi per lo shopping: questo sarebbe un vero rilancio per Roma ossia il passo concreto per la creazione di un marchio di eccellenza da presentare come punto di riferimento internazionale. Il passo verso la globalizzazione dell’imprenditorialità romana deve essere ancora più deciso. Roma Capitale si trova nella condizione ideale per approfittare delle nuove opportunità di finanziamento diretto allo sviluppo urbano proposte a livello comunitario. Chiederò il cambio di classificazione di Roma in ambito europeo per poter avere l’assegnazione diretta dei fondi strutturali e fare un maggiore utilizzo dei fondi europei, attraverso la partecipazione diretta ai bandi e ai programmi comunitari.
QUI A ROMA C’E’ LA GRANDE BELLEZZA. La miniera d’oro in cui scavare per dare ricchezza alla città è costituita dal suo immenso patrimonio culturale; non è possibile, però, pensare che i monumenti, le chiese e i musei della Città Eterna possano bastare da soli. La mancanza di una seria politica per la cultura e il turismo porta Roma a essere solo al quattordicesimo posto nel mondo per visitatori stranieri, con meno visitatori di città come Seoul o Antalya. Promuovere l’immagine di Roma nel mondo fa tutt’uno con il recupero e la valorizzazione dei suoi punti di forza, che risiedono nel formidabile lascito della sua tradizione. L’identità di Roma è parte costitutiva e integrante dell’identità nazionale italiana. Le politiche culturali seguiranno questo filone inesauribile, valorizzando e dando una forma organica a eventi, ricorrenze e istituzioni, unendo cultura “alta” e cultura popolare. Le principali istituzioni culturali (Teatro dell’Opera, Teatro di Roma, Auditorium di Santa Cecilia, e altri) saranno chiamate a svolgere fino in fondo il compito di rappresentanza nazionale, vetrina culturale della Repubblica italiana. L’offerta sarà potenziata riattivando i circuiti di collaborazione in base al principio di sussidiarietà, già felicemente sperimentati nel passato recente, aprendo luoghi pubblici con la collaborazione dell’associazionismo privato, e colmando il periodo di bassa stagione (da novembre a febbraio) con una programmazione specifica: è incredibile che nella capitale della cristianità non ci sia un cartellone di eventi che possa degnamente accompagnare la celebrazione dei principali riti religiosi, richiamando i fedeli di tutto il mondo a vivere il Natale e la Pasqua nella nostra città. Un Comitato permanente sarà chiamato a predisporre e promuovere le iniziative per tutti gli eventi, religiosi, civili, storici e laici: dal Carnevale romano al Natale di Roma, dall’Estate romana alle Notti dei Musei. La programmazione annuale degli eventi farà in modo che i tour operator internazionali possano orientare i flussi anche in base agli appuntamenti in città. Non avrebbe senso organizzare eventi e feste se non ci fosse una precedente e puntuale sensibilità verso la “struttura” culturale della città, che coinvolga prima di tutti l’immenso giacimento di sapere, tecnologia e intelligenze rappresentato dalle Università pubbliche e private che hanno sede a Roma, con migliaia di docenti e ricercatori, e centinaia di migliaia di studenti universitari. Il sistema museale e culturale deve essere riorganizzato, anche attraverso la semplificazione e l’accorpamento delle realtà dedicate alla loro gestione e cura, unendo il sistema dei musei e centri culturali gestiti da Zetema con il Pala Expo-Scuderie del Quirinale e le Biblioteche di Roma. Quanto all’Area archeologica centrale, la sua gestione unitaria – che reclamo in capo alla città di Roma – permetterà la definitiva realizzazione del progetto esistente, realizzato dalla Sovrintendenza capitolina, che prevede la pedonalizzazione di Bocca della Verità e via de’ Cerchi, e l’inclusione del Circo Massimo all’interno di un grande percorso che arriva fino al Colosseo. Sono favorevole al parco archeologico con via dei Fori, ma solo dopo aver creato il percorso archeologico e potenziato trasporto pubblico, parcheggi e servizi turistici. Nelle aree archeologiche darò spazio a quelle associazioni di rievocazione storica che, con rigore filologico e serietà scientifica, ripropongono usi e costumi dell’antichità, facendola assaporare con un’esperienza coinvolgente e stimolante. E, in chiave di marketing planetario di Roma e della romanità, organizzeremo un programma di esposizioni museali itineranti nel mondo. Un’altra forma di “Made in Rome”. Voglio che il mondo intero scopra la bellezza delle spiagge di Ostia e Castel Porziano, e la ricchezza del suo territorio, a partire dagli scavi di Ostia antica. L’offerta alberghiera e i servizi devono essere potenziati e incentivati, Roma ha tutte le carte in regola per diventare meta anche del turismo estivo. La vitalità culturale della città è dimostrata dall’imponente presenza dell’industria privata nel settore dello spettacolo – esercizio cinematografico e teatrale, compagnie di prosa, musica e danza, istituzioni musicali, spettacolo viaggiante e parchi divertimento – uno dei più importanti in termini strategici ed economico-occupazionale di Roma e del Lazio, con circa 3.600 imprese operanti sul territorio, un volume d’affari di 180 milioni di euro e un totale di circa 20 milioni di spettatori; imprese che costituiscono quindi non solo un settore fondamentale per l’offerta culturale, ma rappresentano anche una fetta rilevante dell’economia del territorio. L’Amministrazione si preoccuperà di intervenire per arrestare il processo di impoverimento del territorio ormai in atto da anni, riconoscendo e legittimando la funzione strategica del Cinema e dell’intero sistema dello spettacolo dal vivo, garantendo allo stesso tempo una prospettiva di sviluppo complessivo della nostra Città. È necessario un radicale cambiamento nelle politiche fin qui adottate, partendo dalla necessità di sostenere e valorizzare le imprese culturali in ragione di tutti i benefici che esse portano alla collettività e al tessuto connettivo dei nostri territori.
QUI A ROMA SI CORRE VERSO LE OLIMPIADI, E NON SOLO… Sono favorevole alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Non si può rinunciare ai grandi eventi per il rischio corruzione. Ma le Olimpiadi devono rappresentare un simbolo e un’opportunità per l’Italia intera. Inutile avere le Olimpiadi in una nazione nella quale la pratica dello sport è una chimera per molti. L’introduzione dell’educazione motoria nelle scuole primarie, l’abbattimento delle barriere architettoniche e la dotazione di palestre scolastiche in tutti gli istituti scolastici sono la condizione essenziale per dare un senso al sogno olimpico, che deve rappresentare un’opportunità per i romani. Voglio Olimpiadi a basso impatto ambientale, al servizio dei romani e a spesa contenuta. Questo significa: dare priorità al recupero, alla ristrutturazione e alla modernizzazione delle strutture già esistenti, facendo del Foro italico e del quadrante Acqua Acetosa – Tor di Quinto il cuore dell’evento. Per realizzare bene l’evento serve un criterio di pianificazione urbanistica, perché a decidere non possono essere i costruttori. Sono favorevole alla realizzazione di nuovi stadi di calcio per Roma e Lazio, sul modello di quello di Torino e sul modello anglosassone. Le squadre di calcio hanno bisogno degli stadi di proprietà per poter crescere e ne deriverebbe anche un indotto per tutta la città. Sul progetto in particolare dello stadio della Roma, occorre attendere la valutazione della Regione sul delicato tema del rischio idrogeologico e fare attenzione che il progetto preveda le opere di urbanizzazione necessarie, ma non abbia una cubatura eccessiva. Quando la Regione lo rinvierà al Comune, ne valuterò la praticabilità e gli eventuali miglioramenti. L’impiantistica sportiva della città deve essere messa al servizio di tutti: l’abbandono di strutture grandi e piccole, dallo Stadio Flaminio in rovina al piccolo impianto di periferia mai collaudato, non può essere tollerato. Va migliorato e rilanciato il Regolamento degli impianti sportivi per permettere ai concessionari di rendere un servizio adeguato, investire nel potenziamento dell’offerta, costruire nuovi impianti. Ma le Olimpiadi non sono l’unico traguardo. Anche se non volessimo competere per il grande evento sportivo del 2024, nel 2025 un altro grande evento ci aspetta comunque: è il Giubileo ordinario, che la Chiesa celebra ogni 25 anni, proiettando Roma all’attenzione del mondo. Una città e un’Amministrazione seria non attendono l’ultimo anno per organizzarlo, migliorare le infrastrutture, potenziare i servizi, magari invocando con l’urgenza quelle deroghe e quelle scorciatoie che sono l’anticamera di sprechi e corruzione. Cominceremo da subito, facendo tesoro dell’organizzazione del Giubileo straordinario in corso, per capire quali bisogni e quali opere si renderanno necessarie per accogliere milioni di pellegrini. Per Roma, vivere un evento eccezionale deve essere la normalità.