Crosetto e Meloni: Forze politiche facciano fronte comune su proprosta introduzione limiti tassazione

Ormai non ha più senso parlare di singole tasse tipo Imu e Irap, bisogna concentrare l’attenzione sul livello complessivo di tassazione, che grava su famiglie e imprese. Lanciamo una proposta a Berlusconi e a Maroni per farne la bandiera di questa competizione elettorale, un importante appello alla responsabilità che Fratelli d’Italia rivolge anche a Bersani e Grillo, affinché si ottenga, su questo obiettivo programmatico, il più ampio consenso possibile in Parlamento: occorre fissare un limite percentuale massimo, sia familiare sia aziendale, che non possa essere superato dalla somma di tutte le imposte e tasse, qualunque esse siano; allo stesso modo va individuato un limite economico minimo, di sopravvivenza, che sia intoccabile sia singolarmente che per famiglia. Ci sono confini che nemmeno lo Stato può violare, qualunque siano gli impegni nazionali, europei o internazionali, quelli che consentono ad una persona o ad una famiglia di vivere, di mantenere una casa e dare da mangiare ai figli. Almeno su questo punto la politica tutta dovrebbe dismettere le casacche di parte e trovare un terreno di accordo comune.

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3 commenti

  1. Cari CROSETTO E GIORGIA, la vostra proposta è concettualmente inoppugnabile e di buon senso, ma attuarla non è semplice. Abbiamo imposte dirette ed indirette, sui redditi e sui capitali , tasse dichiarate e tasse occulte, come e dove agire per fare il tetto ? Ci sono una infinità di prelievi sulle famiglie che non appaiono come tassazioni e sulle imprese dove poi la giungla diretta ed indiretta è ancora più grave. Inoltre detto limite dovrebbe essere calcolato anche in raffronto ai servizi che lo STATO ci elargisce, perché esso sia giusto ed accettato. OGGI POI CI TROVIAMO IN UNA EMERGENZA LA CUI RISOLUZIONE RICHIEDE INTERVENTI STRAORDINARI E TASSAZIONI INFERIORI A QUALSIASI TETTO IPOTIZZABILE, DOVENDO TENERE IN CONSIDERAZIONE LE NECESSITA’ DI STIMOLO, LA SPINTA ALLA RIPARTENZA. No, preferisco riduzioni mirate, sulle imprese come quella della detassazione dei redditi reinvestiti per la costituzione di capitali liquidi, e sulle famiglie come l’IMU ed altre imposte . Stante la emergenza, dove non si può fare di meglio,bisogna intervenire con le agevolazioni e sulla riduzione dei prezzi di prima necessità imposti per LEGGE. Abbiamo un esempio nel passato,quando negli anni 60 , l’allora PRESIDENTE TAMBRONI , alla richiesta di aumenti salariali rispose diminuendo benzina (da 116 a 96 lire), ed altri beni di prima necessità. Peccato che tale esempio non fu mai più praticato e si preferì sempre la politica della inflazione.

    • Marco d'Amato il 15 Gennaio 2013 alle 15:50
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    cari Giorgia, Crosetto e Federico , mi piace il vostro impegno per rinnovare la politica e vi auguro successo. Permettetemi due riflessioni , per …aiutarci : cercate di fare giungere il vostro programma di governo in modo piu’ diretto e chiaro possibile , perche’ penso che la gente oggi ha bisogno di confrontare programmi e credo che qua’ vi giochiate molto. Accanto a tutto quanto di davvero ottimo c’e’ sui vostri siti mostrate in evidenza lo spazio visivo per un programma conciso ma forte e chiaro dove l’elettore si possa riconoscere.Per esempio io sono contrario all’IMU sulla prima casa e sulla tassazione IRPEF elevata sui redditi piu’ bassi , ma non contrario all’aumento delle tasse su sigarette o sui giochi ….e’ un esempio per dire quello che deve colpire un elettore subito : il programma , in chiaro sui vostri siti. Altro punto e’ la riforma Fornero che io personalmemnte aborro…e poi fare passare il messaggio che chi e’ con voi e’ gente onesta e pulita che non si approfittera’ del potere , oggi sopratutto colpisce questo impegno. per quanto riguarda la macroeconomia io non credo davvero che per migliorare il sistema italiano si debba scorticare la maggioranza delle famiglie con le tasse , ci sono altri sistemi finanziari che non producono disoccupazione , recessione , chiusura di aziende e crollo del tenore di vita. Basterebbe prendere esempio dalla politica economica USA , anche se noi non siamo a quel livelllo , il discorso non cambia : non e’ con lo stato di polizia tributaria che il paese uscira’ dalla crisi.Non e’ scaricandio sull’economia reale la crisi che nasce finanziaria che si risolvera’ nulla , anzi le grandi banche non si sazieranno mai dei soldi della collettivita’ dati loro dai governi.
    Scusate per questa mia personale visione , ma sappiate che vi stimo e auguro in bocca al lupo.

    • a.leonardo il 10 Febbraio 2013 alle 18:03
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    Cari Onorevoli,
    forse sarò un ingenuo, ma penso che a volte le cose siano più semplici di quanto possano sembrare. L’unica strada a mio avviso per ottenere un fisco equo che abbatta l’enorme evasione fiscale attualmente in essere in Italia, che costringe i vari governi ad inventarsi sempre nuove tasse e gabelle le quali, in ultima analisi, rendono insopportabile il livello di tassazione soltanto di chi poi le tasse le paga, è il contrasto di interessi (questo sì) tra coloro che richiedono beni e servizi e coloro che li erogano.
    Se si vuole, però, che il provvedimento sia efficace, si deve renderlo veramente appetibile.
    Se la detrazione “si limita” all’Iva o a una piccola percentuale, magari in più anni, così come per esempio nelle ristrutturazioni edilizie, ci sarà sempre chi, di fronte ad uno sconto sulla prestazione che sia più alto dell’importo dell’imposta, sarà propenso a non richiedere lo scontrino o la fattura.
    Secondo me, per raggiungere correttamente lo scopo prefissato, la riforma fiscale deve essere più radicale facendola assomigliare sempre di più a quella delle imprese: l’impresa famiglia.
    – l’attivo della famiglia sarà composto da tutte le entrate di tutti i componenti (stipendi, interessi sui depositi, guadagni di borsa per coloro che possono permetterselo, affitti ecc.)
    – il passivo sarà l’imponibile (giacché l’Iva deve restare a carico dell’ultimo consumatore) di tutti, ma proprio tutti, i beni e servizi utilizzati dalla famiglia: dal caffè del bar allo yacht , ad esclusione delle imposte. IL saldo sarà l’utile della famiglia su cui applicare l’aliquota di imposta della quale si può discutere se applicarla in % fissa o progressiva.
    Se c’è il professionista che non mi vuol fare la fattura e quindi non posso portarla in detrazione, non mi avvalgo della sua prestazione e vado da chi ,invece, me la rilascia, oppure mi reco dalla GdF per denunciare il fatto e farmela rilasciare. Se così non facessi, quell’importo figurerebbe ancora nelle mie disponibilità e sarei io a doverci pagare le tasse; che le imposte le paghi io oppure un altro, allo Stato poco interesserebbe e perciò sarà mio vantaggio farlo.
    Solo questo farebbe schizzare in alto l’introito dovuto al gettito Iva.
    L’obiezione che mi sento rivolgere quando ne parlo è che ci vorrebbe un commercialista per tenere conto di tutte le pezze d’appoggio. Benissimo, daremmo lavoro a tanti giovani : tanto poi la fattura la chiediamo anche a loro. Libereremmo anche tante unità della GdF che potranno meglio operare sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata oppure nell’incrocio dei dati che derivano dalle singole dichiarazioni, al fine di scoprire ulteriori comportamenti anomali.
    Altra obiezione è quella che si correrebbe il rischio, fino a che la cosa non vada a regime, che vengano a mancare gli introiti mensili, relativi alle trattenute sugli stipendi, che non permetterebbero il corretto funzionamento della macchina statale. Si potrebbe ovviare mantenendo per i primi due anni quelle trattenute a titolo di acconto, da conguagliare a fine anno, poi il meccanismo sarà andato a regime.
    Se analizziamo bene la cosa , essa non è fine a sé stessa ma avrebbe un effetto domino (positivamente) anche per altri settori.
    Se tutti noi abbiamo l’interesse a farci rilasciare scontrini e fatture, non ci sarà più spazio per le vendite e le prestazioni in nero; di conseguenza anche il commerciante avrà l’interesse a farsi rilasciare tutte le fatture dall’industria e da chi gli eroga servizi, in modo da abbassare la sua base imponibile. Dal suo canto l’industriale non avrà più la necessità di acquistare materie prime in nero e di far eseguire prestazioni fuori busta dai propri operai.
    ANCHE l’evasione contributiva emergerebbe e le pensioni non sarebbero più un problema.
    Altro effetto di non poco conto è che, sempre dal mio punto di vista, basterebbe solo questo provvedimento per rilanciare i consumi e dare una grossa spinta all’economia: se ho il frigo che non funziona tanto bene o la macchina un po’ datata, spendo più volentieri perché posso portarla in detrazione e la mia quota di tasse la paga il commerciante. Il fatto che l’Iva rimanga a carico del consumatore servirebbe da moderatore contro un impulso sfrenato all’acquisto (si potrebbe pure considerare di adeguare le aliquote iva) e il risparmio sarebbe comunque salvaguardato.
    L’aumento della domanda avrebbe come conseguenza l’aumento di produzione e quindi di nuovi occupati nelle aziende, soprattutto se questo lo si abbina con una revisione del marchio “made in Italy”.
    Che c’entra, si dirà?
    Come abbiamo visto anche da vari servizi televisivi, ora accade che con la scusa dei minori costi le aziende delocalizzino le loro produzioni in Paesi dove il costo del lavoro è infinitesimale (es la Fiat in Serbia). Da noi le produzioni non sarebbero competitive con quei paesi neanche se al nostro operaio andasse solo vitto e alloggio, dal momento che le nostre aziende hanno vari lacci e lacciuoli che altrove non hanno. Abbiamo visto il servizio passato qualche tempo fa nella trasmissione “Report” riguardante il caso di quella famosa Azienda che produce Jeans che operava nel Veneto, la quale ha mandato a casa i propri 1500 operai per delocalizzare all’est la produzione, visto che lì il costo della manodopera è di 150 Euro mensili. Il bello (o il tragico, fate voi) è che là ci attaccano pure l’etichetta “made in italy “ e poi li vengono a vendere in Italia a 80-100 euro anche se a loro costano pochi spiccioli.
    Questa è speculazione non competizione.
    Concediamo il Marchio “ made in Italy “ solo se la lavorazione viene fatta dall’inizio alla fine in Italia (vale anche per le produzioni agro-alimentari) Se poi anche la materia prima è italiana ci aggiungiamo il marchio “gold”
    Questo provvedimento avrebbe come conseguenza il fatto di lasciare libera l’azienda di andare dove vuole a produrre, dal momento che non la si può costringere a non farlo, ma il fatto di avere il marchio “ made in italy” per le sole produzioni effettivamente italiane potrà fare in modo che il consumatore sappia effettivamente cosa sta comperando. Credo che i consumatori italiani siano ben disposti a spendere qualcosa in più per i prodotti italiani (tanto poi lo detraggono), soprattutto se poi si fa capire loro, magari con campagne di stampa mirate che, a quel punto, comperando il “made in italy” si fanno ripartire i consumi interni, e con l’aumento della richiesta di prodotti made in italy di conseguenza si invogliano gli imprenditori a riaprire industrie in Italia e si garantiscono effettivamente posti di lavoro per sé e per i propri figli.
    Oggi, invece, se ti dicono di comprare italiano vuol dire solo far entrare i soldi in tasca dell’imprenditore italiano, il quale invece crea lavoro all’estero e, non potendo vendere là dove produce, dal momento che con i pochi soldi con cui pagano i lavoratori locali essi non possono permettersi quei prodotti, pretendono che siano gli italiani a comperarli. Marchionne si lamenta che le immatricolazioni relative ad auto Fiat in Italia sono scese di molto ma tace sui troppi operai italiani che lui, o chi come lui, ha licenziato e non si possono più permettere di farsi l’auto nuova perché hanno portato le produzioni all’estero.
    Con quali soldi gli italiani potranno comperare quei prodotti se progressivamente tutte le fabbriche in Italia chiudono e gettano sul lastrico i lavoratori nostrani?
    Mi dicono spesso che sono discorsi utopistici. Posso anche essere d’accordo, ma solo se ammettiamo francamente che
    non solo non c’è la volontà di farlo, ma ci sono interessi ben precisi da salvaguardare

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