Meloni a «Il Tempo»: «Bene le primarie ma non sono un sostituto della democrazia»

L’intervista di Antonio Rapisarda.

Giorgia Meloni, il Pd queste benedette primarie le ha celebrate anche stavolta. «Le primarie funzionano se sono un completamento e non un sostituto della democrazia. Ci siamo accorti che in Italia gli unici che possono votare sono gli iscritti del Pd pagando due euro? Perché noi ormai i governi li facciamo e li disfiamo sulla base delle primarie del Pd».

Perché, che cosa c’è in ballo adesso? «Da queste primarie deriva il destino del governo Gentiloni. C’è qualcosa che non funziona, insomma. E lo dico proprio io che sulle primarie ci ho fondato un partito: perché credevo che le primarie dovessero essere la perfezione della democrazia a tutti i livelli, non la sostituzione della democrazia stessa. Problema analogo, del resto, ce l’ha il M5S».

In che senso? «Loro sono arrivati addirittura a codificare il governo dell’oligarchia. Alle primarie pentastellate i candidati vengono scelti con alcune decine di voti, sempre che sia d’accordo il “clan dei Casaleggio”. Altrimenti – vedi Genova – fanno come gli pare. E poi dicono che uno vale uno…».

Nel centrodestra, invece, le primarie rimarranno solo un’invocazione? «Spero che prima o poi diventino realtà. Lavoro proprio per questo. Ci sono ottime possibilità e abbiamo depositato una proposta di legge per istituirle. Questione, poi, che pone Berlusconi stesso. Per questo motivo ho detto a Berlusconi e a Salvini che sarebbe bello se il centrodestra, per prepararsi anche alle prossime elezioni, facesse su questo una comune battaglia in Parlamento. Dopodiché se usciamo per un attimo dalla logica che con le primarie dobbiamo eleggere il “capo” ed entriamo in quella con cui con queste eleggiamo il candidato premier nell’ambito di un disegno di gioco di squadra, probabilmente sarebbe anche più facile arrivarci».

In Sicilia intanto Forza Italia le ha fatte saltare. Berlusconi sembra non volerne sentire parlare. «Purtroppo si sapeva. Fin dall’inizio avevamo capito che da parte di Forza Italia non c’era grande volontà di arrivare ad elezioni primarie. Sull’isola stiamo correndo un rischio che sarebbe davvero imperdonabile. Ricordo che le elezioni siciliane si svolgono appena prima di quelle Politiche e che qui governa un signore che si chiama Rosario Crocetta, probabilmente la peggiore esperienza di governo della storia siciliana, proprio grazie a noi. Cioè grazie al centrodestra che andò diviso alle urne. Errare è umano, perseverare è diabolico».

Come pensa di uscirne? «Bisogna fare uno sforzo anche in Sicilia per arrivare a una candidatura spendibile, seria e unitaria. Ho visto che Nello Musumeci ha lanciato la sua candidatura. Io propongo un appuntamento definitivo di tutti i partiti del centrodestra siciliano per il 15 maggio. Data nella quale scoprire tutte le carte per decidere il nome più spendibile. Dividersi un’altra volta sarebbe folle e significherebbe regalare la Sicilia ai 5 Stelle: sarebbe il colpo di grazia. Già lo sta vivendo Roma, lo vorrei evitare anche in Sicilia».

Intanto in Francia Le Pen ha aperto una breccia anche tra i gollisti. È questo il superamento del bipolarismo che ha imbrigliato anche il centrodestra italiano? «Il centrodestra italiano è tutta un’altra storia rispetto a quello francese. La particolarità italiana è che popolarismo e populismo hanno sempre dialogato. Da noi non c’è l’incomunicabilità che è stata propria della Quinta Repubblica francese. Noi siamo stati al governo insieme. E poi il popolarismo in Europa, come del resto ha dimostrato Fillon, per prendere voti e per sopravvivere è costretto ad andare sui contenuti dei sovranisti».

Lei, presentando il congresso di Fdi, ha lanciato il “sovranismo di governo”. Berlusconi accetterà mai un programma di coalizione che superi la “rivoluzione liberale”? «Si. Anche perché non l’ha mai fatta».

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