
Intervista di Michele De Feudis
Onorevole Giorgia Meloni a settembre ha lanciato il progetto di una riunione tra sovranisti e conservatori con Raffaele Fitto, Giovanni Toti e Nello Musumeci. A che punto è questo percorso? «Registriamo adesioni oltre le aspettative. C’è voglia di creare una realtà nuova, che difenda l’interesse nazionale italiano, ovvero lavoro, confini, identità, famiglie. Il progetto ha calamitato l’attenzione di movimenti e associazioni. In Abruzzo gli italiani hanno confermato che esiste un sentimento di centrodestra maggioritario: cresce la Lega e c’è spazio per un altro movimento che aumenta i voti come il Carroccio. Non a caso anche Fratelli d’Italia è in ascesa».
Con Fitto si è consolidata una intesa in Italia e Europa. «È stato uno dei primi a rispondere al mio appello per unire conservatori e sovranisti. Abbiamo iniziato a lavorare insieme e venerdì a Roma ci saranno tutte le trenta delegazioni dei Conservatori europei, raggruppamento di cui fa parte Fitto, per salutare l’adesione di FdI. Entriamo nelle dinamiche europee dalla porta principale, nella destra del Parlamento, terza forza per grandezza nell’attuale parlamento. Il gruppo dell’Ecr è guidato dalla destra polacca di Jaroslaw Kaczynski che configura un modello Visegrad per stare in Europa, a testa alta, difendendo l’identità dei popoli».
Il voto di maggio cambierà gli equilibri a Bruxelles? «I conservatori saranno determinanti per la prossima maggioranza parlamentare in un contesto nel quale anche la Lega con Borghi guarda all’Ecr, mentre i Cinque Stelle – a caccia di intese in extremis – cercano sponde dialogando con leader controversi e per poco non ci siamo trovati in guerra con la Francia: alla fine andranno nel misto. Ppe e Pse sono in calo, come i partiti italiani di riferimento. La nostra sarà una posizione baricentrica funzionale a una alleanza tra popolari e populisti».
FdI ha un rapporto dialettico con il governo: lo sostiene nella lotta all’immigrazione illegale e lo attacca sul reddito di cittadinanza. Se l’ala sinistra del M5S va all’opposizione, cosa farà il suo partito? «Se i grillini si sfalderanno, questa esperienza dovrà considerarsi conclusa. Non siamo entrarti nel governo per la conclamata incompatibilità dei pentastellati con la nostra visione del mondo. Oggi la Lega va bene, ma non è autosufficiente. Noi lavoriamo per una alternativa, e una nuova maggioranza di governo coesa».
Il reddito di cittadinanza è stato la chiave di volta del successo grillino nel Sud… «La interrompo subito. Il reddito grillino è un enorme bluff. I Cinque Stelle hanno venduto numeri falsi di potenziali destinatari: da sei milioni iniziali, arriveremo al un milione e mezzo finale. E la priorità nell’erogazione l’avranno immigrati, rom e abusivi vari».
La sua ricetta per il Mezzogiorno? «La povertà si sconfigge creando lavoro, non mantenendo i disoccupati nella condizione di disoccupati. L’economista Amartya Sen spiega che la povertà non è la mancanza di soldi ma l’impossibilità di migliorare la propria condizione per la realtà che ti circonda. Non ci vogliono elemosine ma soluzioni per far crescere il Sud: servono infrastrutture e lavoro di cittadinanza. Nei prossimi mesi questo provvedimento diverrà il simbolo del tracollo grillino, perché la sua inefficacia mostrerà in pieno il fallito tentativo di sfruttare la disperazione dei meridionali, facendo cassa elettorale».
La Lega al governo spinge per l’approvazione dell’autonomia differenziata. C’è il rischio di dividere l’Italia tra regioni con servizi efficienti e altre senza le risorse necessario per i diritti fondamentali? «I pericoli sono reali ma bisognerà leggere il provvedimento. L’autonomia differenziata può generare una spinta centrifuga rispetto all’unità nazionale e alla sussidiarietà. Si prospetta una riforma a macchia di leopardo. Ho sfidato il governo e a lavorare su una riforma complessiva con l’introduzione del presidenzialismo l’elezione diretta del capo dello Stato, controbilanciata da una autonomia municipale e non regionale. I Comuni da noi hanno una tradizione antichissima, mentre le regioni furono costituite solo nel 1970. Al momento, però, non c’è il coraggio necessario nella compagine di governo e l’autonomia diventa la toppa per riparare le difficoltà dei leghisti al Nord, dove il reddito di cittadinanza è molto impopolare».
Amministrative pugliesi: che aspettative coltiva la destra per il voto nei Comuni capoluogo della regione? «A Bari abbiamo alle primarie Filippo Melchiorre, a Lecce tra i papabili c’è Erio Congedo, due candidati di grande valore. Dove esprimiamo uomini alla guida della coalizione l’alleanza risulta vincente. In Abruzzo vince Marsilio, ma a L’Aquila, amministrata dal nostro sindaco Pierluigi Biondi, triplichiamo i voti grazie al buon governo, che riporta, per esempio, gli italiani tra gli assegnatari delle case popolari, mentre i regolamenti della sinistra le avevano trasformate in appannaggio prioritario degli immigrati».