Renzi teme la piazza di Atreju. Ama confrontarsi solo coi bambini

«Il centrodestra non può essere riassemblato o ricomposto, deve essere azzerato e rifondato»

«Sono quattro anni che Renzi rifiuta il nostro invito. Si vede che non teme il confronto solo quando va nelle scuole con i bambini che gli cantano le canzoncine». Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha accolto senza drammi il no del premier ad Atreju. La manifestazione che «riapre i battenti» della politica dopo l’estate, giunta alla 17esima edizione, è comunque in grado di sopportare tutte le aspettative per l’evento che si terrà dal 17 al 21 settembre. E che, per l’occasione, ha scelto una location inedita: l’Isola Tiberina.

Onorevole Meloni, il clima di Atreju 2014 sarà «L’Isola che c’è». Crede che ci sia davvero ancora spazio per un’isola della destra italiana?

«Il risultato di FdI-An alle Europee ha dimostrato che sono tantissimi gli italiani che chiedono di essere rappresentati da un movimento di destra credibile. Ma queste elezioni ci hanno insegnato anche un’altra cosa: in Italia e in Europa c’è spazio per una nuova forma di bipolarismo, quella che contrappone l’alto con il basso, il forte con il debole, il grande con il piccolo. E queste sono sfide che riscuotono consenso al di là degli schieramenti tradizionali, quindi anche in un elettorato non storicamente di destra».

A proposito di isola, perché il cambio di location della manifestazione?

«Per il suo significato: l’Isola Tiberina rappresenta la culla della civiltà romana e occidentale ed è al centro del fiume Tevere che ha dato i natali alla Capitale. È un luogo dal forte valore simbolico, come lo era il Parco del Celio: in un tempo in cui non ci sono più riferimenti certi, l’Isola di Atreju vuole essere un approdo da cui ripartire e nel quale confrontarsi per tracciare la rotta del futuro».

Atreju piazza «reale» contrapposta alla piazza digitale di Grillo?

«Atreju è il luogo del confronto per eccellenza nella politica italiana. Una piazza aperta, la prima festa di parte ad aprire le sue porte ad avversari politici e a ospitare persone che mai si erano trovate a discutere sullo stesso palco. Atreju è uno spazio libero e alternativo sia al grillismo che al renzismo: due modelli di politica che rifiutano il confronto. I grillini lo fanno perché temono di non saper rispondere anche alle più banali domande. Renzi, invece, sono quattro anni di fila che rifiuta il nostro invito».

Che messaggio vogliono lanciare, invece, i giovani di Atreju?

«Un messaggio semplice ma potente: la politica non è lo strumento per sedersi su una poltrona e fare i propri interessi, ma la più straordinaria forma di impegno civile. Il modo più concreto di cambiare la vita delle persone. Non dobbiamo confondere i politici con la politica. Anche quando i politici sono pessimi, la politica rimane uno strumento formidabile. Alla portata di tutti».

Fdi-An ne approfitterà per lanciare qualche battaglia in particolare?

«Proposte molto concrete: l’introduzione di un tetto alle tasse in Costituzione e la possibilità di scaricare tutto dalla dichiarazione dei redditi per aiutare famiglie e imprese, il sostegno al referendum contro il fiscal compact e una campagna per ribadire il nostro no all’euro, la difesa dell’unicità della famiglia tradizionale e l’incentivo alla natalità. E poi la reintroduzione del reato di immigrazione clandestina e una mobilitazione per riportare in Italia i nostri due marò, detenuti da oltre due anni e mezzo in India senza che il governo Renzi abbia fatto qualcosa per riportarli indietro».

Potrà essere anche una tappa verso la ricomposizione del centrodestra?

«Certo, ad Atreju ci sarà spazio anche per questo. Il centrodestra non può essere ricomposto o riassemblato, dev’essere azzerato e rifondato. E chi pensa che un accordo di vertice o un patto tra segretari di partito possa risolvere tutto si sbaglia di grosso, l’unica strada è una grande stagione di partecipazione che permetta agli italiani di scegliere il modello di centrodestra per loro più credibile. Le primarie possono essere lo choc di cui ha bisogno il centrodestra».

Il modello tradizionale di partito è in crisi, persino i giornali di partito chiudono. Ha ancora senso, in questo contesto, una festa di partito?

«Atreju era ed è una festa di parte, ma non sarà mai una festa di partito. Una manifestazione dove non campeggiano simboli di partito ed è interamente ideata e realizzata da giovani volontari, che rinunciano alle loro vacanze per costruire un momento di confronto e dibattito libero e senza filtri. Ed è questa la sua forza, che gli ha permesso di arrivare alla diciassettesima edizione. Atreju è la dimostrazione di come ancora esista una militanza appassionata fatta di gente che si batte per qualcosa di molto più grande di un successo elettorale: il futuro e la dignità della nazione».

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