Meloni a «La Repubblica»: «Basta inciuci con Renzi, alle politiche si vince col gioco di squadra»

 

L’intervista di Carmelo Lopapa.

«Adesso basta. Basta con gli ammiccamenti a Renzi, con gli inciucismi, col sostegno alle leggi della sinistra a misura di banche e poteri forti. Basta. Io voglio vincere. E come me Matteo Salvini e Giovanni Toti: tra noi c’è gioco di squadra. Chi vuole stare dalla parte degli italiani, bene, le porte sono aperte: ma si faccia chiarezza, una volta per tutte».

È il lunedì da leone di Giorgia Meloni, che piazza sindaci targati FdI all’Aquila e a Pistoia, strappate alla sinistra. Perfino Sboarina a Verona è un ex An. «Ebbene sì, fatemi autocelebrare per un giorno. Era da quattro anni che aspettavo questo momento».

Ha sentito Berlusconi? D’accordo la vittoria, ma serve una coalizione moderata e liberale. Altro che populisti e sovranisti. «Ancora con questa storia della moderazione? Ma è una categoria che in politica non esiste più. Ad ogni modo, a me le etichette non interessano, interessano i contenuti».

Ecco, parliamo di contenuti. Il leader di Fi sta già scrivendo il programma: sicurezza, immigrazione, fisco. Dice che lo condividete tutti. «Parliamone. E parliamo anche delle nostre proposte. Vorrei sapere cosa pensa Berlusconi di un referendum abrogativo sullo ius soli, del reddito di infanzia da 400 euro al mese per chi mette al mondo un figlio in condizioni di difficoltà, di un piano per abbassare la tassazione alle imprese che assumono, di stabilire che la nostra Costituzione viene prima delle norme europee, come accade in Germania. Ecco, da queste basi si costruisce una coalizione, non dalle etichette».

Che vuol dire questa vittoria del centrodestra? «È la rivincita delle idee chiare. È giunto il momento di chiamare le cose con il loro nome, non più quello di melasse e del politicamente corretto. Gli italiani non si fanno più filtrare ne rappresentare dall’intellighenzia».

Non sono i populisti ma i moderati a vincere in Europa, da Merkel a Macron, vi ricorda Berlusconi. «Noi siamo populisti perché stiamo dalla parte del popolo. Degli artigiani, dei giovani che scappano all’estero, dei pensionati al minimo, dei commercianti, dei professionisti. Riconosciamo i problemi, come l’emergenza immigrazione, e offriamo soluzioni. Se questo vuoi dire essere populisti, lo siamo con orgoglio e l’elettorato ha mostrato di credere in noi».

Avete vinto alle amministrative col maggioritario, col proporzionale sarà un’altra storia: le distanze sono tante. Alle Politiche vi presenterete con un’aggregazione a tre – lei, Salvini, Toti – distinta da FI? «Io voglio vincere. Gli elettori ci chiedono una proposta di governo seria, che faccia i loro interessi, quelli dei nostri prodotti, dei nostri confini, delle nostre famiglie. Le porte sono aperte, più siamo meglio è: chi ci vuote stare, bene, ma basta perdere tempo, basta coi tatticismi, i leaderismi, gli inciucismi, gli ammiccamenti strani, è il tempo della responsabilità. Le amministrative hanno dato ragione a chi, come noi di Fdi o come Toti, ha lavorato su una proposta di governo credibile».

Chi sarà il leader di questa aggregazione? «Niente retorica della società civile. Il disastro Monti ci è bastato. Dopo di che, bisognerà trovare un metodo, occorre gioco di squadra. Tra me, Giovanni Toti e Matteo Salvini questo gioco c’è. Dopo di che, ogni metodo di selezione della leadership va bene, II capo dello Stato intervenga per sciogliere questo Parlamento oramai del tutto delegittimato purché ci si metta a lavorare per un nuovo governo di centrodestra che gli elettori hanno mostrato di volere. Diversamente, ci prenderanno per marziani».

Perché chiedete l’intervento di Mattarella dopo il voto? «Lo chiamiamo in causa perché considero folle che un governo non eletto e privo di consenso pretenda di votare proposte che incidono in maniera drammatica sulla vita degli italiani, come quella sullo ius soli. Gentiloni con un minimo di dignità avrebbe dovuto lasciare dopo una così cocente sconfitta. Gli italiani non sanno più come farlo capire».

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